Blue economy: l’economia che può salvare il pianeta
Estraiamo, produciamo, usiamo e gettiamo via: lo facciamo da sempre, ma per fortuna sembra essere arrivato il momento di cambiare rotta. Come? Grazie allo sviluppo del concetto di economia circolare, in cui tutte le attività economiche, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro.
Cosa si intende per blue economy?
È stato l’economista belga Gunter Pauli a ideare il modello dell’“economia blu”. Si tratta di un vero e proprio modello di business, che mira alla creazione a livello globale di un ecosistema sostenibile attraverso appunto il riuso e il riciclo, ovvero tramite la trasformazione di sostanze di scarto, che generalmente vengono buttate via, in merce redditizia. Il blu è un colore che si abbina bene al verde: la blue economy si affianca infatti all’economia green, nota anche come “economia ecologica”. Ma mentre il focus di quest’ultima è sulla limitazione forte e significativa dell’impatto ambientale, l’economia blu si concentra più su un tema di azzeramento dei rifiuti, proprio perché quanto è considerato “rifiuto” viene recuperato e reimmesso nel ciclo economico come risorsa, sul modello di quanto avviene negli ecosistemi naturali. Questo in linea teorica. Ma in pratica?
Quali attività fanno parte della blue economy?
Concretamente, oggi la blue economy ruota intorno a tutte le attività umane che utilizzano il mare, le coste e i fondali come risorse per le attività industriali e lo sviluppo di servizi, prestando particolare attenzione alla salvaguardia dell’ambiente marino. Oltre ai settori tradizionali quali la pesca, l’acquacoltura, il turismo costiero, il trasporto commerciale, ci sono le industrie emergenti legate all’energia marina (produzione eolica offshore, energia oceanica), alla biotecnologia blu, all’estrazione dei minerali marini, alla desalinizzazione e alla difesa marittima. Questi settori possono offrire nel lungo termine un potenziale significativo per la crescita e l'occupazione, soprattutto nel settore delle energie rinnovabili. L’OCSE ha stimato che ai ritmi di crescita attuali l’economia blu dovrebbe raddoppiare entro il 2030 arrivando a generare un valore aggiunto annuale di 3 mila miliardi di dollari e dando lavoro a 40 milioni di persone (dai 31 milioni del 2010).
Il grande potenziale dell’Italia
Insieme a Regno Unito, Spagna, Francia e Grecia, l’Italia fa parte delle economie blu più importanti d’Europa, grazie ai suoi 8.670 chilometri di coste. Una conformazione morfologica che la pone al primo posto tra i Paesi del Mediterraneo per numero di servizi ambientali forniti dal mare, biodiversità, qualità del paesaggio, depurazione naturale dell’acqua e mantenimento della salute delle coste. Un mercato che oggi dà già lavoro a oltre 390.000 persone e genera circa 19,7 miliardi di euro di valore aggiunto al PIL nazionale. Ma ci sono i margini per fare di più: l’ultimo report della Commissione Europea (The EU Blue Economy, report 2019) evidenzia chiaramente come l’economia blu sia indispensabile per il nostro benessere e per la prosperità futura, tanto come fonte di cibo, energia, trasporto o tempo libero quanto come motore di crescita sostenibile e innovazione.
Un mare di opportunità per chi investe
Nei prossimi decenni i progressi scientifici e tecnologici svolgeranno un ruolo fondamentale nello sviluppo delle attività economiche legate allo sfruttamento delle risorse marine. E le aziende che riusciranno a evolvere e a sfruttare questo enorme potenziale potranno beneficiare di un interessante trend di crescita nel lungo termine. Dall’altra parte, il mondo del risparmio gestito è sempre più attento alle tematiche legate allo sviluppo sostenibile. Sul mercato si stanno diffondendo molti prodotti che investono in aziende virtuose, alla ricerca del ritorno finanziario degli investimenti ma nel rispetto di parametri sociali e ambientali. Ora, individuare le eventuali opportunità di propria iniziativa non è semplicissimo: anche in questo caso, quindi, il supporto professionale di un consulente finanziario può fare la differenza