Cronache dai primi sei mesi del 2019 (e cosa aspettarsi)
Non si può certo dire che il primo semestre dell’anno ci abbia annoiati. Anzi. Tante attese, altrettanti fatti, tutti con i relativi riflessi sui mercati. Facciamo qui di seguito una panoramica, ricapitolando sul finale cosa aspettarsi nella seconda parte dell’anno.
La situazione in Europa
Partiamo della Brexit. Il 10 aprile, durante un vertice straordinario, i 27 Stati UE e il Regno Unito hanno sancito il rinvio dal 29 marzo al 31 ottobre dell’uscita del Regno dall’Unione Europea. Ciò ha portato all’inevitabile partecipazione del Paese alle elezioni europee di fine maggio, a valle delle quali il primo ministro Theresa May ha annunciato l’addio alla leadership dei Tories e a Downing Street. È quindi partita la lunga procedura per l’individuazione del successore, che ha portato alla nomina di Boris Johnson come nuovo leader dei Conservatori e Primo Ministro. Noto Euroscettico, il nuovo Primo Ministro ha nominato un gabinetto dominato da esponenti chiaramente pro-Brexit ed intende portare il Regno Unito fuori dall’Unione Europea entro il 31 ottobre con o senza un accordo. Vedremo come reagiranno i leader continentali ed il Parlamento inglese ma intanto occorre prepararsi ad un ulteriore periodo di incertezza.
Ma torniamo alle elezioni europee. I risultati sono stati sostanzialmente in linea con le indicazioni dei sondaggi, anche se con una piccola sorpresa “pro-istituzione” grazie alla tenuta delle forze favorevoli all’Unione Europea, che si sono aggiudicate circa il 67% dei parlamentari, contro il 70% del pre-elezioni. I partiti di estrema destra (o euroscettici di destra) sono passati dal 20% circa al 25%, con casi importanti in Francia e in Italia, ma un po’ meno delle aspettative in altri Paesi chiave come Germania e Paesi Bassi. Nel complesso, insomma, non si è verificato il temuto tsunami che avrebbe potuto rappresentare uno shock per le istituzioni
Stati Uniti e Cina dominano la scena
I primi sei mesi dell’anno sono stati dominati da un susseguirsi di mosse e contromosse. Dopo un gennaio privo di notizie ma carico di attese, a febbraio gli Stati Uniti hanno annunciato l’estensione della tregua commerciale con la Cina, la cui iniziale scadenza era prevista per il primo marzo. Tutto sembrava avviato verso il binario più felice quando il 10 maggio, a sorpresa, è scattato l’aumento dei dazi USA dal 10% al 25% su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi annue.
Non solo: il presidente statunitense Donald Trump ha firmato un decreto che limita fortemente il campo d’azione della cinese Huawei. Pechino non è rimasta certo ferma e ha giocato la carta dell’export delle “terre rare”. Le tensioni commerciali hanno accresciuto la volatilità sui mercati, che poco apprezzano l’incertezza: hanno invece apprezzato la nuova tregua siglata da Trump e dal presidente cinese Xi Jinping dopo il vertice bilaterale che si è svolto a margine del G20 di Osaka, in Giappone.
La reazione dei mercati (in breve)
Tutto questo intreccio di eventi ha avuto effetti sugli umori e le decisioni degli investitori, che in questi mesi hanno riscoperto i beni rifugio. Alla categoria appartengono il Bund decennale tedesco – il cui rendimento è andato giù, sintomo di una richiesta sostenuta – e l’oro, che per la prima volta dal settembre 2013 ha superato i 1.400 dollari l’oncia. A proposito di emissioni governative: da segnalare la curva dei rendimenti USA, sulla quale è emersa la famigerata inversione, cosa che non accadeva dal 2007 e che generalmente è spia di una prossima fase recessiva e/o deflattiva.
E l’azionario? Nonostante le turbolenze sullo scenario macroeconomico e geopolitico, il primo semestre dell’anno si è concluso in guadagno rispetto ai valori di inizio anno in tutte le principali piazze azionarie, non solo in Italia ed Europa ma anche negli States, in Giappone e nei mercati emergenti. Merito principalmente delle banche centrali, che si sono riscoperte in prima linea nel supporto all’economia: tassi d’interesse fermi dappertutto, BCE e Bank of Japan pronte a nuove operazioni, Fed cauta ma spronata con insistenza dal presidente USA Donald Trump a fare di più. Tutto sommato stabile il quadro valutario.
Cosa monitorare nei prossimi mesi?
Sicuramente, il prosieguo delle trattative sul commercio. A ottobre terminerà la presidenza Draghi alla BCE: Christine Lagarde, direttore del Fondo Monetario Internazionale, è stata chiamata a prendere il suo posto e vedremo quale sarà la sua linea. Non solo: il 31 sarà il termine ultimo per Brexit: sarà soft o hard? E l’Italia? Difficilmente si unirà al “club” dei Paesi europei che sono andati o andranno al voto nazionale nel 2019: tra preparazione della Legge di Bilancio 2020 e agenzie di rating che incombono, forse se ne riparlerà il prossimo anno.
Insomma, tanti fili da seguire. E da soli potrebbe non essere semplice. Ma un’assistenza professionale qualificata, come quella di un consulente finanziario di fiducia, può aiutarci a monitorare il quadro generale, nell’ambito del quale si presentano di volta in volta le opportunità d’investimento.