Il coronavirus non ferma la cavalcata dei megatrend
Ci siamo ormai addentrati da qualche tempo nella “fase 2” della gestione della pandemia da SARS-COV-2, quella della consapevolezza nella convivenza con il virus. E nonostante la cautela sia d’obbligo, stante il rischio nemmeno tanto remoto di una nuova ondata di contagi e del conseguente ritorno delle misure restrittive, la tentazione di vedere il bicchiere mezzo pieno e pensare al futuro è troppo forte dopo due mesi di lockdown. Del resto, la domanda sorge spontanea: come sarà il nostro mondo dopo il coronavirus? Un interrogativo che coinvolge direttamente anche il mondo degli investimenti.
Sì, perché la pandemia sta trasformando radicalmente le abitudini di consumo e, di riflesso, va a impattare – in molti casi accelerandoli – i megatrend in corso. Stiamo parlando di quelle tendenze epocali e globali che trasformano il mondo e si alimentano a vicenda: il progresso tecnologico è il propulsore di quello medico; l’evoluzione della medicina ci consente di vivere più a lungo e meglio. E le migliori condizioni di vita – almeno in alcune aree del mondo – ampliano l’accesso agli studi e alla cultura, portando alla luce nuove generazioni di persone più formate, con capacità di reddito superiori e in grado, secondo le proprie competenze, di contribuire ulteriormente allo sviluppo.
In tutto questo, la crisi sanitaria arriva come un fulmine a ciel sereno: un elemento di disruption multisettoriale visto che non esiste, in questo momento, un solo settore che non sia interessato dal repentino cambiamento nei comportamenti dei consumatori.
Tecnologia, dalla cybersecurity all’intelligenza artificiale
In certi casi i segnali della trasformazione sono evidenti: costretti tra le mura di casa, ci siamo dovuti adeguare, volenti o nolenti, a usare finalmente l’app dell’home banking, a fare la spesa e a pagare le bollette online. Ma abbiamo anche imparato ad apprezzare i servizi di video in streaming (Netflix, Apple TV, Prime Video), lo shopping online (qui Amazon la fa da padrona) e tutte le piattaforme social che ci hanno permesso di sentirci più vicini ad amici e familiari quando non potevamo vederli di persona (Facebook, Instagram, TikTok per i più giovani, ma anche le app di videoconferenze come Hangouts, Zoom e chi più ne ha più ne metta). Senza considerare l’esplosione dello smart working, con oltre 550mila lavoratori che, nel giro di due settimane, si sono ritrovati a improvvisare un ufficio tra le mura domestiche.
Un vero e proprio cambio di paradigma, che si riflette anche nel peso delle aziende tecnologiche all’interno degli indici borsistici. Vedere per credere.
Questa improvvisa impennata nell’utilizzo della tecnologia (si prevede che il numero di dispositivi connessi salirà da circa 30 miliardi di oggi a 75 miliardi entro il 2025) ha fatto balzare in primo piano il tema della protezione dei dati – in gergo cybersecurity – destinato a uscire rafforzato dall’attuale situazione: dovrà accompagnare e supportare il progressivo incremento della potenza di calcolo e connettività, con tutto il tema dei big data, dell’Internet degli oggetti (la lavatrice che si avvia con la app del vostro smartphone), della nuvola informatica (cloud computing), delle analitiche digitali e dell’intelligenza artificiale dei PC.
E-commerce in volata
L’abbiamo già menzionato, ma merita un approfondimento a parte: l’e-commerce è sicuramente tra i settori più positivamente colpiti dall’emergenza sanitaria: stando a una ricerca condotta da ACI Worldwide, società di sistemi di pagamento con sede in Florida, intorno a metà maggio le vendite retail online avevano segnato un balzo del 209% anno su anno su scala globale. E - stando a un’analisi condotta da Pymnts - lo strumento preferito per fare acquisti online è lo smartphone (72%). Si tratta di una bolla destinata a sgonfiarsi man mano che le restrizioni saranno finalmente sollevate? Secondo alcuni esperti la risposta è no: l’esperienza di questi mesi è destinata a cambiare definitivamente le abitudini di consumo. E anche nel caso in cui l’e-commerce si dovesse alla fine parzialmente ridimensionare, il ritorno alla normalità non sarà certo immediato. Molte persone sono infatti riluttanti all’idea di tornare in un negozio o in un centro commerciale per paura del contagio: uno studio condotto ad aprile da Morning Consult su 2.200 cittadini statunitensi ha rilevato che il 24% dei consumatori non si sentirebbe a proprio agio ad andare in un negozio fisico per i prossimi sei mesi e il 16% per i prossimi tre mesi. Meglio stare a casa e fare acquisti online, almeno ancora per un po’.
Non finisce qui.
Nuove frontiere per sanità e tecnologie applicate alla medicina
La pandemia da coronavirus sta spingendo gli individui a rivedere le proprie priorità e a rimettere la salute al primo posto, con tutto quel che le gravita attorno: prevenzione, ma anche cura della persona – da una maggiore attenzione all’alimentazione fino all’utilizzo di integratori e alla ricerca di uno stile di vita più sano e sostenibile (e qui si inserisce a gamba tesa tutto il megatrend della sostenibilità).
Non solo. L’emergenza ha dato una forte accelerazione alla digitalizzazione anche nel settore delle cure mediche. L'assistenza sanitaria in remoto e la telemedicina consentono di misurare indicatori diagnostici come la temperatura, la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa di una persona. La realtà virtuale, la realtà aumentata, la tecnologia olografica e gli strumenti di collaborazione stanno migliorando. Secondo Teladoc, società multinazionale di telemedicina americana, il mercato complessivo dei dispositivi a distanza negli Stati Uniti potrebbe raggiungere i 10 miliardi di dollari ed esiste un mercato globale simile.
Per non parlare dell’enorme impulso al settore farmaceutico in senso stretto – l’unico in grado di risolvere davvero la crisi, trovando finalmente un vaccino efficace. Complice la “wake-up” call del coronavirus, è probabile tra l’altro che i sistemi pubblici siano più disponibili in futuro a investire nella ricerca medica, il che, combinato con l’evoluzione tecnologica, potrebbe accelerare lo sviluppo del medtech - diagnostica, prevenzione, assistenza e terapia a distanza.
Occhio all’industria 4.0
Anche il settore industriale sta facendo importanti passi avanti attraverso la riorganizzazione del settore manifatturiero. L’adozione di nuove tecnologie nella catena di approvvigionamento, sempre più agile e resiliente, tecnologie come I’internet of Things (internet degli oggetti), cloud computing (nuvola dei dati, ossia contenitore dei dati), 5G, l’intelligenza artificiale, la stampa 3D e la robotica sono tutte fondamentali per le reti di fornitura digitale del futuro.
Allo stesso tempo, la volatilità del contesto in cui operano le imprese rende queste tecnologie ancora più necessarie. Le aziende stanno imparando a farvi affidamento, a causa di eventi tipo "cigno nero" come il COVID-19, o guerre commerciali, imprevisti cambiamenti normativi, controversie di lavoro, fallimenti di fornitori. Un esempio della potenzialità delle nuove tecnologie è parso evidente proprio a causa dell’emergenza COVID-19. Molte imprese, nel breve termine, hanno potuto convertire il core business non più produttivo, utilizzando i propri impianti di produzione per realizzare kit medici necessari per combattere l'epidemia. I produttori dell'industria automobilistica, aerospaziale, degli elettrodomestici, tessile e degli alcolici sono tra coloro che stanno contribuendo a contrastare la carenza globale di dispositivi necessari all’emergenza, quali ad esempio tamponi nasali, ventilatori o visiere trasparenti, dimostrando elevata versatilità in un momento di forte crisi.
Megatrend in pole position
Tirando le somme, possiamo dire che le grandi tendenze destinate a plasmare il futuro non sembrano arretrare di fronte alla pandemia. Anzi, in molti casi la disruption innescata dall’emergenza non ha fatto altro che evidenziare e accelerare i profondi cambiamenti che erano già in atto all’interno della società.
E che aprono le porte, per gli investitori, a opportunità interessanti per investire sul futuro in un’ottica di lungo termine. Per farsi un’idea più concreta delle opzioni disponibili – e delle soluzioni più compatibili con il proprio profilo – il consiglio resta quello di rivolgersi al proprio consulente di fiducia.