Alternative ai concimi azotati come l’urea, per aumentare l’indice di sostenibilità.
I sistemi per aumentare e ottimizzare la produttività dei campi prevedono lo sfruttamento dell’azoto, che rappresenta la molecola alla base della crescita di ogni pianta. Le piante tuttavia non riescono ad utilizzare direttamente l’azoto, c’è quindi l’esigenza dell’intervento umano per rendere bio disponibile il gas ai fini della coltivazione, con ad esempio l’uso dell’urea in concimazione. Posto che già in natura questo avviene attraverso due meccanismi: la fissazione svolta dai batteri oppure i fulmini.
In pratica sono i batteri a rappresentare lo strumento attraverso il quale circa il 90% dell'azoto atmosferico viene fissato nella biomassa vegetale. L'altro 10% invece raggiunge il suolo attraverso i fulmini. Quando durante un temporale si generano importanti scariche elettriche, l'azoto gassoso si ossida formando ossido di azoto che poi raggiunge il terreno attraverso la pioggia sotto forma di acido nitrico.
Quindi da un lato i fulmini e dell’altro l’attività dei batteri possono rappresentare due vie alternative e maggiormente sostenibili rispetto alla concimazione con urea. Sostenibili sia per l’ambiente, sia soprattutto per la dimensione economica, riportando ad un maggior controllo della spesa le aziende agricole.
La start up americana Nitricity ha progettato un sistema che prevede l’uso di pannelli fotovoltaici per produrre energia elettrica che viene impiegata nell’ossidazione dell’azoto atmosferico per liquefarlo poi nell’acqua e procedere alla fertirrigazione. In pratica fulmini artificiali che scaricano la loro potenza sul gas trasformandolo in acido nitrico. Ancora non è prevista la commercializzazione delle attrezzature ma va da sé che è solo questione di tempo.
Pensando al bando PNRR relativo all’agrivoltaico in Italia, si potrebbe già immaginare un’applicazione su vasta scala del principio, con evidente beneficio per i costi.
Per dirla in parole semplici, ogni azienda con un impianto fotovoltaico potrebbe sviluppare parallelamente un impianto per la produzione di concime da ossidazione dell’azoto.
Un'altra start up attiva nel campo della fertirrigazione è la Pivot Bio, anch’essa americana, che prevede di sfruttare dei batteri azotofissatori capaci di efficientare le colture, in particolare mais. Qui l’applicazione è molto più semplice: al posto di utilizzare soluzioni granulari con lo spandiconcime, l’operatore irrora il mais con il composto organico. I microrganismi colonizzano le radici ricevendo dalle piante carboidrati e rilasciando quindi l'azoto atmosferico in una forma assimilabile.
Si sviluppano quindi anche dinamiche di fissazione in una logica simbiotica, molto più sostenibili ed economiche rispetto alle tecniche tradizionali. In questo caso il prodotto, perché alla fine di tratta di una soluzione biologica, è già in commercio.