Cina: luci e ombre del gigante asiatico
Ombre cinesi? Sì, ma anche luci. Con un Prodotto Interno Lordo che, al momento, è tra i primi al mondo, la Cina è da più parti indicata come uno dei motori della crescita economica a livello globale. Tuttavia, sull’economia cinese pesano i vincoli politici che si è imposta all’inizio del quarto trimestre dello scorso anno e che hanno portato a un rallentamento della ripresa.
I principali responsabili di questo stato di cose sono essenzialmente tre:
- la politica di tolleranza zero nei confronti del Covid-19;
- i controlli sulle emissioni energetiche nei settori fortemente inquinanti e con emissioni elevate;
- l’inasprimento del mercato immobiliare e la crisi innescata dal tracollo del colosso Evergrande.
Ma la debolezza generalizzata dell’economia non è di certo sfuggita all’attenzione dei politici. A ottobre 2021, infatti, la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme (NDRC) è intervenuta in modo significativo per aumentare la produzione di carbone, così da far fronte ai problemi di approvvigionamento energetico. E alcuni governi locali hanno iniziato a eliminare i controlli sull’utilizzo dell’energia e ripreso la produzione normale.
Viaggio tra i fattori che rallentano la Cina
Per quanto riguarda il controllo e la prevenzione della pandemia, le chiusure e le restrizioni di viaggio hanno intaccato la spesa dei consumatori.
E poi ci sono gli aggiustamenti operativi in corso anche sulle politiche immobiliari: la loro rimodulazione si è rivelata utile per allentare le pressioni sui problemi di liquidità a breve termine dei colossi immobiliari, ma non sembra sufficiente per impedire un rallentamento del settore nel medio termine.
Breve storia delle ombre cinesi
Negli ultimi cinquant’anni, la Cina ha sperimentato una trasformazione senza precedenti nella storia dell’umanità, passando da un sistema basato sulle fattorie collettive a un’economia guidata dai giganti tecnologici e immobiliari. Ma è proprio qui, nell’immobiliare, che sta, in parte, l’argilla dei piedi del gigante.
Da dove arriva l’argilla dei piedi del gigante?
All’origine di tutto c’è il crac Lehman: di fronte alla crisi finanziaria del 2008, il governo cinese varò uno stimolo economico da 4mila miliardi di yuan e la banca centrale tagliò i tassi dal 4% circa di giugno 2008 all’1% di inizio 2009. Nessuna meraviglia, dunque, quando nel 2009 l’economia cinese registrò un +9,4% rispetto all’anno prima, al quale fece seguito un +10,6% nel 2010. Una crescita impetuosa dovuta in buona parte agli investimenti infrastrutturali e al comparto immobiliare.
Un fermento nel quale però trovò spazio anche la speculazione.
Non solo edilizia: nodo tech ed energia
Si accese quindi la spia e il governo iniziò a fare marcia indietro. Fino a quando, nell’estate del 2020, diede il via alla nuova politica delle cosiddette “tre linee rosse”: vale a dire, tre criteri di controllo onde evitare il sovraindebitamento degli imprenditori. Obiettivo di tutte le misure adottate – ancora attualissimo – è sgonfiare la bolla immobiliare senza farla scoppiare. E, soprattutto, senza far deragliare la crescita.
Ma c’è anche il settore tech: Pechino ha introdotto una stretta regolamentare che ha fatto perdere miliardi di dollari di valore di mercato a giganti come Alibaba e Didi. Senza dimenticare l’altro tema chiave: gli shortage energetici, con annesso rischio di ritardi nelle consegne di smartphone e altri prodotti di consumo proprio nell’imminenza della stagione dello shopping natalizio. Naturalmente, il governo è subito messo al lavoro per contenere e risolvere la crisi. Non necessariamente rivolgendosi alle fonti rinnovabili, come dicevamo prima: il carbone, infatti, per ora continua a essere la risposta (link: post Cop26).
I tre pilastri di Pechino: come investire?
L’obiettivo, in ogni caso, si conferma ambizioso: costruire un grande Paese socialista moderno entro il 2049. Per riuscire, la Cina intende lavorare su tre pilastri.
- Crescita del Prodotto Interno Lordo: entro il 2035, la Cina intende arrivare al raddoppio rispetto al 2021. Il raddoppio implica un tasso di crescita annuo via via più basso, com’è anche nelle proiezioni del Fondo Monetario Internazionale: sempre più vicino al +4%. Spostarsi verso una crescita di maggiore qualità significa investire nel capitale umano, con una popolazione che raggiungerà il picco nel 2026.
- Aumento del reddito medio, attraverso la redistribuzione del gettito fiscale, la riduzione degli squilibri tra aree urbane e rurali e un rafforzamento delle normative (antimonopolio, anticorruzione, eccetera).
- Credito più efficiente e mercato finanziario aperto: proprio in quest’ottica appare fondamentale disinnescare i rischi finanziari. Il modo in cui Pechino gestirà le aziende statali in grave difficoltà darà un segnale sul reale impegno del governo verso la sua agenda e sulla sua tolleranza al rischio.
Le incognite non mancano, certo. Secondo gli esperti, la crescita complessiva su base annua in Cina dovrebbe attestarsi intorno al 3%-4% nel primo semestre del 2022, per poi risalire sopra il 5%. Ma, anche in quest’ottica di progressivo recupero, va riconosciuto che esiste anche tutta una serie di opportunità.
Opportunità che pure un piccolo investitore può cogliere, con la consulenza del professionista di fiducia che saprà indirizzarlo verso la soluzione più indicata, sempre nell’ambito di un portafoglio adeguatamente diversificato.