Dall’euforia alla normalità: tutte le transizioni del 2022
Se lo scorso anno guardavamo al 2021 come all’anno della ripresa post Covid, ora che il 2022 è agli esordi ci chiediamo: a ripresa più o meno avvenuta, sarà forse questo l’anno della nuova normalità? Ma altre e più pressanti domande incombono su chi investe e non solo. Per esempio: che ne sarà dell’impetuosa crescita del 2021 e che fine faranno le politiche monetarie ultra-espansive? Poco ma sicuro, il 2022 sarà un anno di transizioni. Non solo a livello energetico.
2022: benvenuti in un anno di transizioni
Quando si parla di transizione, la mente corre subito all’energia e all’azione per mitigare i cambiamenti climatici. Certamente, anche la transizione energetica avrà i suoi vincitori e vinti, in tutte le economie e in ogni mercato. Alla politica fiscale, il compito di mitigarne i costi. Ma in ogni caso quella energetica non sarà l’unica transizione cui saremo chiamati ad assistere quest’anno.
Ce ne sono almeno altre cinque, vediamoli nel dettaglio.
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Dall’euforia post-pandemia al rallentamento della dinamica economica.
In un contesto ampiamente positivo per la crescita mondiale, ci stiamo lasciando alle spalle l’euforia per le riaperture osservata qualche mese fa, e man mano che svaniscono gli stimoli ciclici, la dinamica dell’economia mondiale sta rallentando dal picco al potenziale.
Negli Stati Uniti, la politica fiscale ancora favorevole, gli effetti positivi della ricchezza derivante dai mercati finanziari e la crescente domanda dei millennial potrebbero sostenere per altri anni una crescita al di sopra del potenziale, ma l’espansione sarà inferiore ai livelli record del 2021.
La crescita in Cina sarà cruciale, probabile un raffreddamento ma non un arresto. Il governo cinese dovrà gestire la transizione del Paese verso una società più equilibrata ed egalitaria, evitare un ‘atterraggio duro’ e tenere a freno l’azzardo morale degli investitori nelle aree superindebitate come il mercato immobiliare.
Le prospettive della zona Euro dovrebbero rimanere favorevoli; i Paesi periferici beneficeranno delle risorse del pacchetto di misure per la ripresa Next Generation EU (NGEU) e della riguadagnata fiducia nei settori dei servizi, non completamente sfruttate quest’anno.
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Dal liberalismo agli interventi dei governi.
La crisi da Covid-19 ha ulteriormente acuito la necessità di combattere le disuguaglianze e di mettere i temi della salute e dell’ambiente ai primi posti della nostra agenda politica.
Affrontare questi argomenti significa combattere i monopoli, accelerare la transizione energetica, ricostruire il patto sociale e riequilibrare la dinamica tra profitti e salari.
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Dalla catena del valore globale all’indipendenza nei settori strategici.
La pandemia ha aggravato gli squilibri già esistenti nelle catene di approvvigionamento mondiali, con relative fragilità e strozzature. Il contesto geopolitico diventerà più complesso mentre si combatterà la battaglia per l’autosufficienza, per l’energia e per la supremazia tecnologica. Molte aziende e molti governi stanno ripensando le catene globali del valore per renderle più resilienti a shock futuri come le catastrofi naturali probabilmente più frequenti per via del surriscaldamento del pianeta. Il focus sull’autosufficienza sarà particolarmente forte in Europa, dove parte dei fondi del NGEU è stata allocata a settori strategici (semiconduttori, difesa e sicurezza, energia pulita) alfine di raggiungere una maggiore autonomia economica.
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Da un’inflazione temporanea a un’inflazione persistente.
Le strozzature della catena di approvvigionamento, i prezzi dell’energia, il ribilanciamento verso salari più alti e l’aumento delle imposte spingeranno l’inflazione al rialzo rispetto all’ultimo decennio. Quello che all’inizio sembrava un fenomeno solo americano sta contagiando il resto del mondo attraverso i rincari degli alimentari e dell’energia, fatta eccezione per la Cina.
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Dai vecchi ai nuovi mandati delle banche centrali.
Al vecchio mandato, che era combattere l’inflazione, si è affiancato il mandato nuovo, quello cioè di sostenere una traiettoria di crescita più equa e sostenibile. Ma nei prossimi mesi le banche centrali dovranno affrontare il dilemma di quando e come schiacciare il pulsante delle misure espansive in un mondo nel quale l’inflazione è un po’ meno transitoria e la crescita un po’ meno impetuosa di quanto sperimentato nel 2021.
Per chi investe cosa significa tutto questo?
Lo scenario di una decelerazione della crescita rispetto al picco del 2021, con divergenze regionali, pressioni inflazionistiche persistenti e politiche asincrone delle banche centrali, richiede una maggiore diversificazione di portafoglio, con una focalizzazione sulla protezione dall’inflazione. Gli attivi reali e i mercati privati (infrastrutture e private debt, per esempio) possono rivelarsi utili per centrare questi obiettivi.
In un contesto caratterizzato da un’inflazione strutturalmente più alta, occorre perseguire un obiettivo di reddito reale in modo intelligente, allargando lo spettro delle asset class. Ciò significa andare oltre il tradizionale universo obbligazionario e prendere in considerazione i dividendi delle azioni, gli asset reali, le obbligazioni dei paesi emergenti.
La selezione complessiva del credito sarà fondamentale in quanto i default (fallimenti) potrebbero iniziare ad aumentare rispetto agli attuali bassi livelli, in relazione all’incremento del costo del debito.
La crescita degli utili rallenterà rispetto ai livelli record visti nel 2021, ma è probabile che alcune aziende continueranno a beneficiare delle riaperture in corso, mentre altre risentiranno dell’aumento dei costi, della tassazione e dei cambiamenti della catena di approvvigionamento. Ciò porterà ad una situazione di elevata dispersione dei rendimenti in ambito azionario: meglio concentrarsi sulle aree con valutazioni meno elevate (il value, i mercati emergenti, l’Europa).
Le azioni dei mercati emergenti dovrebbero tornare al centro dell’attenzione, ma sarà fondamentale una disamina Paese per Paese, in un contesto influenzato dalle politiche della Cina, dall’evoluzione dei prezzi e dagli spazi di manovra a livello monetario e fiscale. Anche l’Europa dovrebbe essere favorita grazie al Next Generation EU con particolare riguardo alla transizione ecologica.
I temi ambientali, sociali e di governance (ESG) dovrebbero essere considerati complementari alle tradizionali metriche di rischio e rendimento del portafoglio, in particolare per quanto riguarda le aree che potrebbero avere un impatto significativo sui prezzi degli attivi. Le modifiche alle regolamentazioni e l’aumento della domanda da parte delle istituzioni e degli investitori faranno sicuramente diventare alcuni fattori sempre più rilevanti sotto questo aspetto. La ‘net zero emissions initiative’ ad esempio è uno dei temi che avrà un impatto significativo sul mercato. Il prossimo tema sarà probabilmente la lotta alla disuguaglianza, che è un obiettivo centrale dei governi nell’attuale fase di ripresa.
Vale la regola di sempre: evitare il fai-da-te
È in ogni caso uno scenario ricco, come del resto quelli cui siamo stati abituati negli ultimi anni. Per chiunque voglia orientarsi, il consiglio è lo stesso di sempre: affidarsi alla guida esperta di un bravo consulente finanziario.