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ESG in crisi di credibilità? Ecco le 5 sfide da vincere

Le proposte d’investimento ESG convincono sempre di più, ma bisogna fare ancora molti passi in avanti in termini di trasparenza e condivisione delle informazioni: un recente report di EY e Oxford Analytica mette a fuoco le 5 sfide da vincere
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Spesso si dice che per capire le cose bisogna partire dall’ABC. Sempre più spesso, negli investimenti, è un’altra la sigla da cui occorre partire per capire se e come è possibile fare la differenza. E la sigla in questione è ESG: sta per Environment (ambiente), Social (sociale) e Governance (gestione delle organizzazioni). Si tratta, come abbiamo già avuto modo di spiegare, dei tre fattori che guidano la selezione e l’inserimento in portafoglio di titoli e prodotti d’investimento attenti al rendimento potenziale ma anche alle ricadute sul Pianeta e la società.

Nell’ambito della gestione del risparmio – il cosiddetto “asset management” – l’ESG rappresenta il segmento in più rapida crescita: basti pensare che nel 2021 gli asset in fondi ESG hanno registrato un balzo del 53% su base annua, a 2.700 miliardi di dollari. Eppure, le insidie non mancano. Una in particolare: il “greenwashing”. Una mano di verde per far sembrare “green” aziende, titoli e prodotti che non lo sono. Insidie che hanno un certo impatto sulla credibilità degli ESG.

Al tema è dedicato un recente report elaborato da EY e Oxford Analytica, il quale analizza l’attuale ecosistema delle informazioni in ambito ESG. Il report rileva la presenza di una serie di nuove sfide, connesse alla mancanza di standardizzazione, regolamentazione univoca e obiettivi comuni, i cui effetti sono acuiti dai rialzi dell’inflazione e dalle conseguenze economiche e sociali del conflitto in Ucraina.

Sostenibilità: manca ancora una definizione univoca

Cosa significa sostenibilità? Manca ancora, al momento, una definizione condivisa. Così come non c’è concordanza su quali debbano essere i sistemi di rating e valutazione. “Negli ultimi anni”, spiega Riccardo Giovannini, Climate Change and Sustainability leader di EY Italy, “lo sviluppo è stato indotto per una parte importante dagli investitori, il 70% dei quali conferma la volontà di investire in realtà attente al proprio impatto sociale e ambientale, e dall’input del legislatore europeo, che sta progressivamente regolando la materia a beneficio, in primis, degli investitori stessi”.

Tuttavia, finora gli operatori finanziari non hanno sempre dimostrato chissà quale attenzione alle tematiche ambientali e sociali. E spesso questa attenzione è stata soltanto di facciata. Come può fare, quindi, un investitore a capire chi ci è e chi invece ci fa soltanto? La risposta, secondo il report, è nella parola “condivisione”. È fondamentale rifocalizzare l’attenzione sul concetto stesso di sostenibilità, sottolinea Giovannini, “in modo che sia condivisibile da tutti gli stakeholder, così da misurare realmente l’impegno delle aziende sul tema”.

Il report di EY e Oxford Analytica delinea cinque sfide da affrontare:

Uno: aumentare la trasparenza sui rating ESG

È necessario aumentare la trasparenza e la comprensione dei rating ESG compositi (che prendono cioè in considerazione tutta una serie di temi, dall’impatto sui cambiamenti climatici alla gestione dei rifiuti fino alla trasparenza fiscale, giusto per citarne qualcuno), per consentire all’investitore di prendere con consapevolezza le opportune decisioni.

Due: calibrare i diversi usi delle informazioni sulla sostenibilità

La maggior parte dei sistemi di reporting ESG – così come tutti i principali fornitori di rating ESG – non va a misurare l’impatto di un’azienda ma la sua esposizione relativa a rischi e opportunità finanziarie interni ed esterni. Questo adesso non basta più. La recente crescita degli investimenti ESG è stata trainata da Millennial e GenZ, per i quali è imprescindibile dare priorità a considerazioni di tipo sociale e morale.

È quindi importante capire se l’attuale ecosistema di informazioni sulla sostenibilità è effettivamente finalizzato a valutare tanto l’impatto finanziario quanto quello sociale, per soddisfare le esigenze di tutti gli interlocutori.

Tre: certificare i dati in modo indipendente e rigoroso

La certificazione dei dati può contribuire a creare fiducia intorno all’ecosistema delle informazioni sulla sostenibilità. Nei prossimi anni, la domanda di certificazioni esterne solide e indipendenti aumenterà.

Quattro: sviluppare tassonomie comparabili e interoperabili

Alcune regioni e Paesi stanno già facendo notevoli progressi nello sviluppo delle tassonomie. Per esempio, la Tassonomia UE ha lo scopo di aiutare i Paesi europei a incrementare gli investimenti sostenibili e ad attuare il Green Deal europeo. L’UE sta inoltre collaborando con la Cina per definire una tassonomia che si basi su elementi comuni, tenendo conto dei diversi percorsi della transizione energetica e delle specifiche realtà politiche.

Cinque: ridurre le barriere all’ingresso per gli emergenti

Entro il 2050, le economie emergenti produrranno la grande maggioranza delle emissioni mondiali di gas serra. Tuttavia, rispetto ad altri mercati che possono essere più resilienti e in grado di adattarsi all’impatto dei cambiamenti climatici in corso, queste economie sono potenzialmente più esposte a subirne le conseguenze. Per questo sarebbe importante coinvolgerle di più nell’ecosistema delle informazioni sulla sostenibilità. Senza però promuovere per loro standard diversi, che potrebbero essere controproducenti.

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In conclusione: uniformare l’ecosistema delle informazioni ESG

Non è che, da un punto di vista di standard e normative, non siano stati fatti passi in avanti. Anzi. Nell’ultimo decennio, il numero di politiche e normative è aumentato in modo significativo e ad oggi, in tutto il mondo, si contano all’incirca 870 misure politiche e regolamenti, con 225 aggiunte o revisioni solo nel 2021.

Ma i diversi sistemi legali e i molteplici contesti sociali e politici condizionano i principi sui quali si basano standard e regolamenti che disciplinano le informazioni sulla sostenibilità. Senza contare il fatto che le amministrazioni dei diversi Paesi si stanno muovendo a velocità diverse nella regolamentazione di queste informazioni. Quel che manca – e che invece serve assolutamente – è un accordo su ciò che i fattori ESG dovrebbero includere, su come applicare le metriche concordate e su come utilizzare al meglio i dati disponibili.

Realtà o apparenza? Il consulente finanziario può aiutarci a capire

Non sono sfide di poco conto. Nel frattempo, chi desidera investire senza trascurare gli imperativi della sostenibilità può sempre rivolgersi al proprio consulente finanziario. Che, fra le altre cose, ha gli strumenti per capire e segnalare dove c’è vero ESG e dove invece c’è solo apparenza.