


Con 1,28 milioni di ettari coltivati a grano duro da circa 200mila agricoltori, l’Italia è la prima produttrice europea e la seconda al mondo dietro il Canada.
Con 1,28 milioni di ettari coltivati a grano duro da circa 200mila agricoltori, l’Italia è la prima produttrice europea e la seconda al mondo dietro il Canada. Dopo un disastroso 2024, la campagna 2025 è stata di certo più soddisfacente, con rese superiori (il raccolto nazionale supera i 4,3 milioni di tonnellate, +24% rispetto al 2024, il più alto dal 2016), soprattutto in Puglia, Sicilia, Marche ed Emilia-Romagna, le prime quattro regioni produttrici. La qualità della granella non è eccellente ovunque, soprattutto per il tenore proteico, ma è comunque buona. In alcune aree della Puglia il peso specifico medio è di 81-82 con picchi di 86-87, proteine mediamente oltre il 14%, glutine e indice di giallo molto elevati. Tutte caratteristiche ricercate dai molini che trasformano i chicchi in semola per la produzione di pasta, di cui l’Italia è prima produttrice, consumatrice ed esportatrice mondiale. Secondo un’elaborazione di Unione Italiana Food su dati Istat, nel 2024 hanno viaggiato oltre confine 2.420.345 tonnellate di pasta (+9,1% rispetto al 2023) per un valore superiore ai quattro miliardi di euro (+4,8% sul 2023).
Le buone aspettative nazionali sono accompagnate dalla previsione di un leggero calo delle produzioni internazionali, in particolare in Nord America (Canada -7%, Stati Uniti -9%, Messico -78%). Una diminuzione che non sembra influire sul prezzo riconosciuto agli agricoltori, che resta molto basso (intorno ai 300 euro alla tonnellata per il duro, mentre un anno fa era di 320 €/t), con il rischio di non riuscire a coprire i costi di coltivazione, in continua ascesa a causa del caro fertilizzanti e dell’aumento del costo dell’energia. Meno positiva la campagna del frumento tenero che, a fronte di una qualità molto buona ha registrato rese scarse (tra i 50 e i 60 quintali a ettaro), in calo del 20% rispetto al 2024.
Per cercare di limitare i rischi provocati dal clima (in Puglia e Sicilia il grande problema è la siccità), da variabili non controllabili come il cambio euro/dollaro e dalle fluttuazioni delle quotazioni ormai del tutto legate alle speculazioni sui mercati finanziari, esistono i contratti di filiera, grazie ai quali i cerealicoltori possono programmare con anticipo le superfici da seminare, sapere in anticipo a quale prezzo venderanno il loro prodotto oltre ad avere la garanzia del ritiro. Non solo. Chi aderisce a un contratto di filiera può chiedere il contributo di 100 euro a ettaro previsto dal Masaf per sostenere la filiera. Lo stanziamento è di dieci milioni di euro e le domande di aiuto possono essere presentate sul portale Sian fino al 15 settembre 2025. Tutti elementi che possono giocare un ruolo decisivo anche per pianificare gli investimenti e quindi per definire l’entità di un prestito da chiedere a una banca. Di certo c’è uno squilibrio nella distribuzione del valore lungo la filiera grano-pasta che coinvolge molini, pastifici e la grande distribuzione organizzata.
La sfida più grande resta la valorizzazione del prodotto nazionale, insostituibile per le produzioni di qualità, che parta dalla riconoscibilità a scaffale e quindi sia in grado di spuntare un prezzo d’acquisto più alto.