L’importanza della gestione del rischio nelle aziende agricole
Sono i principali rischi con i quali l’agricoltura italiana deve fare sempre più spesso i conti a causa del cambiamento climatico, della globalizzazione, delle speculazioni e di una situazione geopolitica diventata più instabile e indecifrabile.
Fin dal Neolitico, quando l’uomo pose il primo seme sotto la terra, il settore primario è esposto al rischio clima, ma negli ultimi anni questa variabile è diventata ancora più determinante per la redditività delle aziende agricole. Senza dimenticare gli altri nemici: virus, batteri e insetti fitofagi come cimice asiatica, tristezza degli agrumi, mosca dell’olivo, xylella fastidiosa, moria del kiwi e peronospora della vite, solo per citare i principali.
A tutto questo si aggiungono le oscillazioni delle quotazioni delle materie prime agricole e le incognite dovute a regole di mercato che possono cambiare dall’oggi al domani per questioni geopolitiche, come l’introduzione di dazi per il transito delle merci, lo stop alle importazioni o ancora la concorrenza di prezzo di referenze straniere prodotte a costi molto più bassi rispetto ai nostri.
Di conseguenza, la gestione del rischio nelle aziende agricole non può più essere considerata un optional dagli imprenditori agricoli, ma deve diventare un vero e proprio strumento di lavoro come lo sono trattori, mietitrebbie, sementi, fertilizzanti e prodotti fitosanitari.
Oggi in Italia è assicurato contro il rischio di calamità atmosferiche circa il 25% del valore della produzione agricola. Circa 9 miliardi di euro su 35. E le aziende che si assicurano sono appena il 10%: 70.000 su un totale di 700.000 che percepisce i contributi comunitari.
Ma per le imprese agricole è importante costruire una strategia di risk management che affianchi alle polizze la difesa attiva, perché oltre ai risarcimenti per i danni subiti è fondamentale proteggere i raccolti, anche per non perdere quote di mercato che sarebbero rimpiazzate da merce proveniente dall’estero, innescando una spirale perversa nella dinamica dei prezzi al ribasso. E gli strumenti per la gestione del rischio non mancano, soprattutto per viticoltura e frutticoltura, i comparti più esposti ai rischi e anche quelli che vantano una produzione lorda vendibile più alta, da proteggere, rispetto ai seminativi.
Impossibile ormai coltivare drupacee senza dotarsi di un impianto antibrina o, a seconda delle zone, di ventoloni o bracieri per alzare la temperatura in caso di gelate notturne tardive. E sarebbe un inutile azzardo produrre actinidia o uva da tavola senza proteggere le piante con reti antigrandine o lasciare un ceraseto privo di teli antipioggia per scongiurare il cracking. Moltissimi sono ormai i pereti protetti da reti antinsetto per limitare i danni provocati dalla cimice asiatica. E poi ci sono gli strumenti digitali come sensori e centraline meteo che permettono agli agricoltori di conoscere in tempo reale la situazione in campo e nel terreno per consentire loro di decidere se intervenire, ad esempio, per irrigare in caso di siccità.
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