Materie prime e transizione energetica: come investire
Chi di noi non è stato percorso da un brivido lungo la schiena a marzo, fermandosi a un distributore di benzina e gasolio per fare il pieno, o aprendo la busta che conteneva la bolletta elettrica o del gas? Tutti, possiamo immaginare: nessuno escluso.
E a ragione: i prezzi dei carburanti, così come quelli delle bollette, hanno subito forti rincari negli ultimi mesi. In linea, d’altro canto, con quelli delle materie prime energetiche. E i grandi protagonisti sono quelli di sempre: petrolio, gas e carbone. Ovvero, quelle fonti fossili che dovremmo progressivamente (e quanto più rapidamente possibile) abbandonare a favore delle fonti rinnovabili per due fondamentali motivi:
- sono presenti sul nostro pianeta in quantità limitata, quindi prima o poi finiranno;
- bruciando, provocano l’emissione nell’atmosfera di gas effetto serra che, a loro volta, sono la causa del riscaldamento globale e dei conseguenti cambiamenti climatici.
Eppure, ancora oggi sono le più richieste. L’Agenzia Internazionale dell’Energia, per esempio, ci dice che petrolio e gas naturale sono ancora ai primi posti nella top list dei consumi finali. E negli ultimi mesi, le loro quotazioni sono salite in maniera vorticosa. Alla base del rialzo, due variabili molto importanti. Che poi sono quelle di sempre: la domanda e l’offerta.
- Da una parte, le riaperture che hanno fatto seguito alle prime fasi di contenimento della pandemia di Covid-19 e all’avvio delle campagne di vaccinazione hanno dato una fortissima spinta alla domanda. E una domanda che si surriscalda, surriscalda a sua volta i prezzi.
- Dall’altra, una serie di dossier aperti sullo scenario internazionale – primo tra tutti, da fine febbraio, lo scontro Russia-Ucraina – hanno posto seri interrogativi sull’offerta. E un’offerta che si raffredda surriscalda i prezzi.
L’effetto combinato lo vediamo bene nel grafico che segue.
La situazione è tale che da più parti ci si chiede se queste difficoltà non rappresentino invece l’opportunità per prendere finalmente sul serio, una volta per tutte, la sfida della transizione energetica.
Transizione energetica: vietato rimandare
Se ne parla, come minimo, dai tempi dell’Accordo di Parigi, siglato nel 2015 in seno alla COP21. In quell’occasione è stato detto per la prima volta che sarebbe cosa buona limitare il riscaldamento globale a ben meno di 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali, a un +1,5 gradi Celsius al massimo. Ad oggi, però, complice il fatto che la trasposizione dall’obiettivo alla realtà non è mai semplice, non siamo ancora sulla via giusta. Occorre portare a zero le emissioni nette di anidride carbonica e altri gas serra quanto prima.
A questo scopo, serviranno importanti cambiamenti: le aziende, per esempio, saranno chiamate a concentrarsi su prodotti e condotte più “carbon neutral”. Il passaggio non sarà sempre agevolissimo. I gruppi energetici e automobilistici, per esempio, saranno chiamati per primi ad affrontare profondi cambiamenti in direzione della sostenibilità e delle fonti rinnovabili. Ma in realtà saranno pochissimi i settori non coinvolti: perfino le banche saranno di fatto esposte, per il tramite dei finanziamenti concessi alle imprese che sono più in prima linea.
Ma, allo stesso tempo, già si intravedono interessanti opportunità. Un esempio? Sono proprio quelle case automobilistiche che hanno iniziato a indirizzare i loro investimenti verso lo sviluppo dei veicoli elettrici onde renderli disponibili a un segmento più ampio del mercato e non più solo alla fascia alta.
Investire nella transizione anche con un PAC
Insomma, anche la transizione energetica si sta imponendo come tema di investimento. La chiave è, anche in questo caso, individuare e mettere in portafoglio i titoli emessi dalle società più interessanti e all’avanguardia su questo fronte. Ok, facile a dirsi. Ma a farsi?
Una soluzione può essere puntare su un fondo comune d’investimento che, a sua volta, investa in un paniere di titoli ben diversificato, magari non solo lato strumenti ma anche lato aree geografiche. E a questo tipo di diversificazione, se ne può eventualmente aggiungere anche una di tipo temporale. Come?
Investendo un po’ alla volta con la modalità del PAC, il Piano di Accumulo del Capitale.
Il PAC è una modalità d’investimento che – lo ricordiamo – consente anche a chi non dispone di grosse somme iniziali di investire e ottenere risultati, spesso con una possibile riduzione del rischio. Dal momento che l’investimento è diluito nel tempo, infatti, si attenua di molto il pericolo di entrare nei mercati in un momento troppo “movimentato”. Cosa che potrebbe pesare anche emotivamente, oltre che finanziariamente. Specialmente nelle fasi di maggior volatilità.
Insomma, il PAC può essere un valido alleato nella gestione dell’emotività. E sapete chi altro può esserlo?
La consulenza di un professionista bravo e preparato, con il quale potrete confrontarsi per assumere le decisioni più in linea con i vostri reali bisogni e con i vostri obiettivi. Sempre, se possibile, in un’ottica di lungo termine.