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Cultura finanziaria

Contabilità mentale, un alleato tutto da scoprire

Pochi ne sono consapevoli, ma ognuno di noi gestisce le sue spese seguendo una contabilità mentale. Saperlo può essere utile.
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Oggi parliamo di contabilità. Ma di una contabilità particolare: quella mentale, che in inglese chiamano mental accounting. Di cosa si tratta? Lo vediamo subito. Iniziando con una distinzione tra dato reale e dato percepito.


Abbiamo 5.000 euro da spendere

È una bella notizia. E il dato reale è che il loro potere d’acquisto, il loro valore reale, la quantità e qualità di beni o servizi che possiamo comprare spendendoli non cambia a seconda che provengano dal duro lavoro e dal rigoroso risparmio, da una vincita oppure da un’eredità. Ma la finanza comportamentale – quella disciplina che legge le scelte e le dinamiche economiche e finanziarie attraverso la lente dell’analisi psicologica – ci dice che in realtà il loro valore percepito cambia a seconda della loro provenienza e di come intendiamo spenderli. Saperlo è importante, e non solo perché questa discrepanza tra valore reale e valore percepito, che matura appunto nella nostra contabilità mentale, può produrre comportamenti irrazionali, ma anche perché, volendo, possiamo trarne importanti benefici.


Dove sono finiti i biglietti?

Il Premio Nobel Daniel Kahneman, insieme al collega Amos Tversky, anni fa fece un esperimento, proponendo ai partecipanti il seguente quesito:

Una persona va a teatro a vedere uno spettacolo il cui biglietto costa 10 dollari:

  • Caso 1: arrivando a teatro, si accorge di aver perso il biglietto. Al suo posto, lo ricomprereste?
  • Caso 2: arrivando a teatro, si accorge di aver perso la banconota da 10 dollari necessaria all’acquisto del biglietto. Al suo posto, lo comprereste lo stesso?

Nel primo caso, soltanto il 46% degli intervistati si dichiarò disponibile a ricomprare il biglietto. Nel secondo – udite, udite – la percentuale salì all’88%. Nonostante si stia parlando della stessa identica cifra. Come si spiega? Lo vediamo subito. Nel caso numero uno, i partecipanti considerarono che i 10 dollari fossero già stati prelevati da un ideale conto dedicato a “svaghi e divertimenti”, il quale nella nostra mente ha un preciso limite di spesa, mentre nel caso numero due ritennero che si fosse verificato un imprevisto e che i 10 dollari fossero da considerarsi provenienti dal conto mentale “imprevisti”, virtualmente senza limiti.


Come funzionano i nostri conti mentali

Richard Thaler – altra autorevolissima voce della finanza comportamentale – ci spiega che tutti noi suddividiamo le nostre spese in una serie di capitoli, più o meno rilevanti e “seri”, tenendo per ognuno una contabilità con relativo tetto di spesa. La suddivisione dipende dalla provenienza e dall’uso che si farà di quello specifico ammontare di denaro. Il che ci porta a dare un peso diverso allo stesso identico importo – 10 dollari – a seconda che sia destinato a uno svago o a far fronte a un imprevisto. Così come spenderemo più a cuor leggero i 10 dollari ricevuti da una vincita rispetto ai 10 che abbiamo guadagnato lavorando. Tutto ciò trova applicazione anche nel campo delle nostre finanze: generalmente, infatti, tendiamo a spendere più serenamente i proventi di un titolo – cedole o dividendi – rispetto al capitale.


Facciamoci due conti in tasca

Volendo schematizzare, possiamo dire che la nostra tendenza è quella di suddividere mentalmente il patrimonio in tre categorie:

  • il denaro corrente, tra cui conti correnti e contanti, cui attingiamo per le spese e i consumi;
  • la ricchezza corrente, che include i beni che deteniamo sotto forma di azioni, obbligazioni, quote di fondi e che noi intacchiamo mal volentieri;
  • la ricchezza futura o gli investimenti per la pensione, categoria nella quale tipicamente rientrano la casa, gli investimenti previdenziali e le polizze vita, che tocchiamo solo in condizioni di assoluta necessità.

Quindi, 500 euro destinati all’investimento per la pensione hanno per noi un peso diverso rispetto ai 500 euro che abbiamo sul conto. Ma, come accennato, la contabilità mentale può diventare un alleato nei nostri investimenti.


Non tutto il mental accounting viene per nuocere

Suddividendo la quota di risparmio destinata agli investimenti in una serie di voci, possiamo metterci nella condizione di gestirla al meglio concentrandoci sugli obiettivi collegati alle suddette voci, senza lasciarci distrarre dal “rumore” che quotidianamente arriva dai mercati. In effetti, a ben guardare, è proprio una sana contabilità mentale che sta alla base dell’investimento per obiettivi che ci consente di definire un portafoglio ragionato e correttamente diversificato evitando di cadere vittime tanto del panico quanto dell’euforia che alternativamente attraversano le piazze finanziarie.