Economia circolare, un “must” anche per chi investe
Forse non tutti sanno che l’economia cui siamo abituati è di tipo lineare: estraiamo dal nostro pianeta materie prime per trasformarle in un prodotto che viene gettato dopo l’uso. Insomma: prendiamo, produciamo, buttiamo. Un approccio che però, in un’ottica di lungo periodo, non è proprio il massimo della sostenibilità. Anzi. Perché va bene sfruttare le risorse che il nostro generoso pianeta ci offre, ma queste risorse sono in quantità limitata e il loro continuo sfruttamento ha un costo.
Il conteggio dell’Earth Overshoot Day, che ogni anno segnala la data nella quale la nostra domanda di risorse eguaglia il totale delle stesse che la Terra è in grado di rigenerare in un anno, ci dice che nel 2020 abbiamo consumato tutto quello che il nostro pianeta produce annualmente in appena otto mesi: il giorno evidenziato era infatti il 22 agosto 2020. Spostare in avanti questa data si può: per esempio, passando da un’economia di tipo lineare all’economia circolare.
Che cos’è e come funziona l’economia circolare?
Se nell’economia lineare io produco-consumo-getto via, nell’economia circolare il paradigma diventa quello delle famose “3 erre”: riduco-riuso-riciclo. Non ci vuol molto a capire quanto questo modello sia più sostenibile dell’altro. Un’ulteriore conferma in tal senso ci arriva dal Rapporto sull’economia circolare in Italia a cura del Circular Economy Network.
Il Circular Economy Network presenta ogni anno un Rapporto sullo stato dell’economia circolare in Italia: di recente è uscita la terza edizione, realizzata in collaborazione con l’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Questa edizione propone un focus sul ruolo dell’economia circolare nell’abbattimento delle emissioni di gas serra. Un ruolo tutt’altro che trascurabile: raddoppiando l’attuale tasso di circolarità, secondo diverse stime si taglierebbero ben 22,8 miliardi di tonnellate di gas serra a livello globale.
Già, ma come si aumenta il tasso di circolarità? Semplice:
- riducendo l’utilizzo delle risorse, “con la diminuzione”, ci dice il Rapporto, “della quantità di materiale usato nella realizzazione di un prodotto o nella fornitura di un servizio attraverso il design circolare, puntando su modelli di condivisione e sullo sviluppo della digitalizzazione”;
- ottimizzando l’uso delle risorse e aumentando la vita del prodotto attraverso un design durevole, il ricorso a materiali e servizi che prolungano la vita dei beni, il riutilizzo, la riparazione e la rigenerazione;
- usando materie prime rigenerative, sostituendo i combustibili fossili e i materiali non rinnovabili con energie e materiali rinnovabili, mantenendo il capitale naturale e i servizi ecosistemici;
- riutilizzando le risorse, con il riciclo dei rifiuti e il reimpiego delle materie prime seconde.
Recuperando i gap attualmente esistenti, ci spiega il Rapporto, “si ottengono anche risparmi di energia, riduzioni di impiego di energia fossile e quindi anche riduzioni di emissioni di gas serra”. Lo United Nation Environmental Programme, tramite l’International Resource Panel, per esempio, evidenzia come la produzione di acciaio con il riciclo del rottame di ferro consenta fino al 38% di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto alla produzione di acciaio primario ottenuto con minerale di ferro e carbone.
E l’ENEA ha stimato che il riciclo dell’alluminio permette di ridurre le emissioni di gas serra fino all’80% rispetto alla produzione di alluminio con l’uso di materie prime vergini. Per non parlare del taglio delle emissioni di gas serra con il riciclo della plastica: fino al 90% in meno rispetto alla produzione con i derivati dal petrolio.
Strategie per l’economia circolare: cosa fa l’Italia?
Nel 2020Ora le principali attese per nuove misure e finanziamenti per la transizione verso un’economia circolare sono rivolte al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e riguardano l’uso che si farà delle risorse europee di Next Generation EU. Da parte sua, il Parlamento UE ha ribadito in una risoluzione che l’economia circolare deve essere “elemento centrale nei Piani Nazionali di Ripresa e di Resilienza degli Stati membri”.
Ma, intanto, a che punto siamo? Il terzo Rapporto ci dà un riscontro esaminando i risultati sul grado di efficienza dell’utilizzo delle risorse nel campo della produzione, consumo, gestione dei rifiuti, riparazione, delle cinque principali economie dell’UE attraverso il calcolo dell’“indice di performance sull’economia circolare”
Un indice che nel 2021 conferma al primo posto l’Italia, con 79 punti.
L’economia circolare può essere un tema d’investimento?
Assolutamente sì, così come tutto ciò che contribuisce a raggiungere un obiettivo sociale, per esempio la lotta contro le disuguaglianze, o di buona governance. Siamo, lo avrete capito, nell’ampio e ambizioso campo dell’investimento socialmente responsabile (SRI), che poggia sul prezioso filtro ESG (di responsabilità ambientale, sociale e di governance, appunto).
Un campo che – nel momento storico in cui siamo, con la sostenibilità che non è più un vezzo ed è sempre più una necessità – appare destinato a divenire sempre più fertile e rigoglioso. Raccoglierne i frutti sarà possibile e tanto più soddisfacente se ci si avvale della consulenza di un bravo professionista, in grado di indirizzarvi verso il prodotto a voi più indicato, alla luce dei vostri obiettivi e del vostro profilo di rischio, nel quadro di un’adeguata diversificazione del portafoglio.
Di certo, le occasioni non mancheranno.