Fed e BCE: l’autunno è iniziato col doppio rialzo da 75 punti base
Durante la riunione del 20 e 21 settembre, il Federal Open Market Committee, principale strumento di politica monetaria della Federal Reserve, ha varato un nuovo aumento dei tassi: +0,75%, come del resto osservatori, analisti ed esperti avevano largamente previsto. Una decisione assunta all’unanimità. E un livello che non si vedeva dal 2008: l’intervallo obiettivo per il cosiddetto “Federal funds rate” è salito al 3-3,25%. E non finirà qui.
Decisione analoga aveva comunicato in precedenzala Banca Centrale Europea che giovedì 8 settembre ha deciso di aumentare i tassi ufficiali di 75 punti base[1], il livello più elevato dei tassi dal 2011 che segue l’aumento di 50 punti base del 27 luglio 2022[2].
Nella conferenza stampa che ha seguito la riunione di politica monetaria, la presidente della BCE, Christine Lagarde, ha spiegato che la decisione è stata presa all’unanimità dai membri del Consiglio direttivo per cercare di contrastare l’inflazione costantemente superiore al target del 2% della BCE.
Se ciò aggiungiamo che giovedì 22 settembre la Bank of England ha alzato i tassi di interesse di 50 punti base – portandoli dall’1,75% deciso il 4 agosto al 2,25% – vediamo bene come tutti i pezzi del puzzle inizino a incastrarsi, dando forma a un’immagine molto chiara: dopo anni di tassi a zero, e nonostante tutte le incognite che gravano sull’economia, in Occidente le principali banche centrali hanno deciso che è tempo di stringere i cordoni della borsa.
Ma perché le Banche Centrali hanno cambiato la loro politica monetaria?
Per un motivo presente ed evidente già prima della guerra russa in Ucraina: i prezzi in rialzo. Un rialzo che ha preso il via con le riaperture dopo le prime, rigidissime, misure di contenimento della pandemia di Covid-19. Rimasti per mesi chiusi dentro la pentola a pressione dei lockdown, i piani di spesa dei consumatori occidentali sono schizzati in aria dopo che il coperchio è stato rimosso. E questo ha dato ai prezzi quella spinta da anni attesa ma mai arrivata, nonostante i tassi a zero e il credito (di conseguenza) molto conveniente.
Bollata all’inizio come “transitoria”, la ripresa dell’inflazione si è rivelata in realtà di tutt’altra pasta. Anche perché nel frattempo sono sopraggiunti gli effetti del conflitto in Europa, che ha acuito il problema degli stop&go nelle catene degli approvvigionamenti. A quel punto le banche centrali hanno rispolverato il loro mandato originale, che impone loro di perseguire la stabilità dei prezzi, e hanno quindi deciso di lasciarsi alle spalle anni di tassi a zero.
Perché è così importante tenere sotto controllo l’inflazione?
Per un motivo molto semplice. Mantenere un livello basso di inflazione significa che i privati cittadini possono pianificare facilmente i loro risparmi e le loro spese, sapendo che il potere d’acquisto dei loro redditi non cambierà in modo sostanziale da un anno all’altro.
L’aumento dei prezzi, invece, comporta che possiamo permetterci meno beni e servizi con la stessa quantità di denaro. In particolare, i beni di cui tutti abbiamo bisogno, come l’energia e il cibo, tendono ad avere prezzi più “sensibili” e quindi a registrare aumenti più pronunciati in un periodo di tempo più breve. Ciò ha un effetto negativo, in particolare per i segmenti più vulnerabili delle nostre società.
Nell’area euro ci troviamo di fronte a una situazione difficile. I tecnici di Francoforte hanno rivisto significativamente al rialzo le stime sull’inflazione: all’8,1% nel 2022, al 5,5% nel 2023 e al 2,3% nel 2024[3].Ma anche la crescita economica rallenterà. Le previsioni sono state ritoccate sia per quest’anno che per il prossimo: la BCE si aspetta ora che l’economia dell’Eurozona cresca del 3,1% nel 2022, dello 0,9% nel 2023 e dell’1,9% nel 2024[3]. Il rallentamento è dovuto proprio all’inflazione, che ha frenato la spesa e la produzione, ma anche all’indebolimento della domanda globale e al livello elevato di incertezza.
Per affrontare questa situazione complessa e cercare di contrastare l’inflazione, è ragionevole aspettarsi che la BCE non si fermerà qui: infatti sono previsti nuovi aumenti dei tassi di interesse nei prossimi mesi. Non a caso, la presidente Lagarde ha dichiarato che serviranno “diversi meeting” per arrivare a un tasso coerente con il target di inflazione del 2%.
Cosa comporta tutto ciò per chi investe?
In linea di principio, più il contesto si fa sfidante, più bisogna essere selettivi. In quale direzione? Non c’è una risposta valida per tutti: bisogna tener conto dei propri bisogni e obiettivi, come diciamo sempre, e della possibilità che si ha di tollerare i rischi che lo scenario presenta (insieme, però, a diverse interessanti opportunità).
L’unica soluzione che davvero può valere per tutti è quella di confrontarsi con un consulente finanziario serio e preparato, che sappia ascoltare, rispondere alle domande e se possibile fugare dubbi e paure. In questo tratto di strada, affidarsi alla guida di un professionista è più che mai consigliabile.
[1] Fonte: Banca centrale europea, decisioni di politica monetaria, 8 settembre 2022
[2] Fonte: Banca centrale europea, Decisioni di politica monetaria, 27 luglio 2022
[3] Fonte: Banca centrale europea, Conferenza stampa, 8 settembre 2022