La fiducia è tutto: anche nella gestione dei risparmi
La fiducia è tutto: anche nella gestione dei risparmi
In fin dei conti, c’è una sola cosa al mondo attorno alla quale tutto gira: la fiducia.
Tutti sappiamo cos’è, certo, perché la sperimentiamo ogni giorno, o perché talvolta ne sperimentiamo l’assenza.
Ma sapremmo anche fornirne una definizione?
“Non è semplice definire la fiducia in modo univoco: è tra i concetti sociologici più difficili da chiarire. In un certo senso, è una ‘relazione con l’ignoto’. Per esempio, senza fiducia non potremmo dare in gestione i nostri soldi o investirli”. Così si è espressa Rachel Botsman, Trust Fellow della Oxford University, nel suo keynote speech alla plenaria di apertura del Salone del Risparmio 2022.
Economia, mercati e investimenti: tutta questione di fiducia
La fiducia altro non è, in fondo, che il vero motore che fa girare l’economia e i mercati finanziari. E, del tutto in linea con il vecchio adagio secondo cui “fa più rumore un albero che cade che cento che crescono”, o anche “per far crescere una foresta servono anni, ma per distruggerla bastano poche ore”, la fiducia si costruisce con lavoro e fatica salvo poi, purtroppo, distruggersi con una certa facilità. Nemmeno gli Stati nazionali o gli enti sovranazionali possono fare qualcosa per crearla: al massimo, possono stimolarla. E certamente, nessuno la può comprare.
Se la premessa è suggestiva, nella pratica cosa significa tutto ciò?
Facciamo un esempio di vita quotidiana: tornereste mai in quel ristorante che vi ha trattato malissimo ma che, in compenso, ha chiuso il pasto servendovi un conto salatissimo? Improbabile. Ed è altrettanto improbabile che ne parlereste bene ad amici e parenti. Ora, se quel ristorante si gioca non solo la vostra fiducia ma anche quella di un buon numero di altri avventori, assai difficilmente sarà ancora aperto l’anno successivo, o quello dopo ancora.
Sui mercati, un tale, micidiale, effetto a catena tende in genere ad amplificarsi per via della rapidità dei meccanismi di trasmissione. E un esempio è nella nostra storia recente. Vi ricordate la Lehman Brothers? Indipendentemente da quanto fossero compromesse le sue condizioni finanziarie, la Lehman fallì anche a causa della mancanza di fiducia che convinse le altre banche a starle alla larga, smettendo di prestarle denaro per operare.
Non solo Lehman: chi si ricorda la crisi del debito del 2011?
Nel 2011, quando ebbe inizio la crisi del debito sovrano, la situazione dei conti pubblici italiani non era peggiore di quella di due anni prima. Eppure, se nell’estate del 2009 la differenza di rendimento tra BTP e Bund era appena sotto i 100 punti base e il BTP decennale rendeva il 4%, due anni dopo lo spread superava i 500 punti base e il nostro decennale che rendeva il 6,60%.
Come mai? Siamo sempre lì: questione di fiducia.
La situazione finanziaria della Grecia – cui l’Italia è associata, facendo parte con Atene del poco invidiabile club dei PIIGS – era precipitata e di riflesso, sommandosi questo evento ad altri fattori, si ebbe un cambio di percezione circa la situazione del nostro Paese. Si diffuse, insomma, la sfiducia.
E se questo è il panorama a livello macro, anche nel piccolo dei nostri investimenti il match fiducia vs. sfiducia è decisivo. Vitale, quasi. Come, tra l’altro, conferma la terza edizione del Rapporto Assogestioni-Censis presentata al Salone del Risparmio 2022.
Portafogli e investimenti: quanto ci fidiamo del consulente?
“Sia i risparmiatori sia i consulenti rivelano che il livello di fiducia è alto e cresce, soprattutto in chi dichiara di conoscere bene o abbastanza bene la cosiddetta industria del risparmio gestito”, ha detto alla plenaria di chiusura del Salone del Risparmio Giorgio De Rita, segretario generale del Censis.
E più è alto il grado di conoscenza, maggiore è il grado di fiducia. “Gli italiani capiscono che in fondo, di fronte alla loro preoccupazione, di fronte alla loro domanda di rassicurazione, la risposta non può che essere una: competenza. Conoscenza dei prodotti, conoscenza dei mercati, conoscenza delle possibili soluzioni”.
C’è un affidarsi, insomma, che è tanto più importante quanto più consideriamo due elementi: innanzitutto, che in linea generale, nel nostro Paese e non solo, si registra un degrado di fiducia nei confronti dei sistemi organizzati e delle istituzioni; e poi, che l’industria del risparmio gestito ha pagato un deficit di reputazione molto importante dopo la crisi del 2007-2008. Tanto per tornare al caso Lehman, citato poche righe fa.
Il rapporto tra consulente e cliente funziona se c’è fiducia
C’è un altro punto molto interessante che emerge dal Rapporto Assogestioni-Censis: e cioè che l’alfabetizzazione finanziaria degli italiani sembra migliore di quanto ritenuto finora. Ma le conoscenze, quando ci sono, devono essere complementari e non certo sostitutive rispetto alla consulenza in materia d’investimenti. Dopotutto, quando si sta male si va dal medico, quando si vuole correggere le proprie abitudini alimentari si va dal nutrizionista, se l’auto si ferma la si porta dal meccanico: a ciascuno di questi professionisti ci lega non solo un accordo di tipo economico – un compenso per un servizio – ma anche e soprattutto una fondamentale dose di fiducia.
Con i professionisti della finanza è lo stesso: tutto questo funziona se il rapporto fra consulente finanziario e cliente è basato sulla fiducia.