Passaggio generazionale, come gestire questa fase delicata?
Nel corso dei prossimi vent’anni, in Italia, circa 800 miliardi di euro di patrimonio mobiliare, immobiliare e/o aziendale passeranno dalle mani dei cosiddetti Baby Boomers (nati dal 1946 al 1964) a quelle della generazione successiva: i Millennials, nati tra il 1980 e la fine degli anni Novanta.
Un tema che non si può ignorare
È questa la stima di Finer, istituto di analisi e ricerche di mercato in ambito finanziario. Insomma, quello del passaggio generazionale della ricchezza non è un tema da trascurare. E non solo in Italia. Cerulli prevede che, su scala globale, la ricchezza trasferita fino al 2045 ammonterà a 84,4 trilioni di dollari, di cui 72,6 trilioni di dollari in beni saranno trasferiti agli eredi, mentre 11,9 trilioni di dollari saranno donati in beneficenza.
Più di 53 trilioni di dollari saranno trasferiti dalle famiglie della generazione Baby Boomer, che rappresentano il 63% di tutti i trasferimenti, mentre le famiglie della generazione Silent e più anziane trasferiranno 15,8 trilioni di dollari, principalmente nel prossimo decennio.
I Gestori, consulenti finanziari e bankers possono giocare un ruolo cruciale nel gestire questo passaggio, offrendo un servizio di consulenza a tutto tondo.
I professionisti possono offrire al cliente alle prese con il trasferimento della ricchezza una vasta gamma di servizi specifici: dalla gestione finanziaria alla pianificazione patrimoniale di lungo periodo, fino alla gestione aziendale e al family business, che comprendono servizi fiduciari e di consulenza fiscale e successoria, attraverso la scelta di prodotti di investimento che permettono un’ottimizzazione fiscale.
Il passaggio del testimone in azienda
Il discorso del passaggio della ricchezza riguarda naturalmente il patrimonio mobiliare, ma abbraccia spesso anche il patrimonio aziendale, specie in un Paese in cui le piccole e medie imprese sono protagoniste indiscusse, con una grossa quota di aziende a gestione familiare.
Stando alle statistiche del Family Firm Institute, infatti, in Italia le imprese a condizione familiare rappresentano l’85% del totale delle aziende.
Eppure, il tema del passaggio generazionale è avvertito ancora come una specie di tabù: nonostante nel Belpaese il 29% delle aziende familiari sia guidato da un leader di oltre 70 anni – come rileva uno studio di Aidaf per l’Università Bocconi - solo un individuo su quattro ha attivamente pianificato le fasi del passaggio generazionale (fonte: Associazione Italiana Private Banking).
Non solo. Stando a un sondaggio condotto dalla società Studio Temporary Manager su un campione di 336 manager che negli ultimi 10 anni hanno vissuto almeno un passaggio generazionale, solo il 39% si affida a soggetti esterni esperti per la gestione del passaggio, mentre in circa la metà dei casi a gestirlo è lo stesso imprenditore, al massimo con il supporto di una persona di fiducia.
Il motivo di tutta questa reticenza è che il ricambio generazionale e la successione hanno a che fare con diversi fattori, anche psicologici. Intanto, pensare a un futuro in cui non ci saremo più o non saremo più in grado di lavorare non è mai piacevole. Inoltre, a essere coinvolta non è solo la dimensione economico-finanziaria, ma anche (e soprattutto) quella relazionale e familiare.
Così capita spesso di imbattersi in conflitti familiari, fondatori che, seppure in pensione, non lasciano spazio agli eredi o addirittura figli che non sono idonei al ruolo di leader nell’impresa di famiglia.
Peccato che, le situazioni di passaggio generazionale “non gestito” tendano a ripercuotersi negativamente sul futuro della stessa azienda: secondo dati Aidaf, solo il 30% delle imprese familiari in Italia sopravvive al suo fondatore, e appena il 13% giunge alla terza generazione.
Il ruolo del consulente finanziario
In un simile contesto, ecco che la figura del consulente finanziario – che sempre più dovrebbe offrire una consulenza integrata e non limitata ai soli investimenti – può assumere un ruolo rilevante nel guidare i propri clienti, imprenditori e non, attraverso il delicato passaggio della pianificazione successoria e del trasferimento della ricchezza alle generazioni successive. In che modo?
Per esempio, organizzando riunioni di famiglia per parlare di successione. Secondo Chayce Horton, analista di Cerulli, “estendere le relazioni interfamiliari per coinvolgere l’intera gamma di parti interessate piuttosto che solo gli attuali controllori della ricchezza creerà un maggior senso di responsabilità e inclusione tra gli eredi, che aiuterà nel probabile caso in cui si verifichino discussioni più complesse sulla gestione della ricchezza della famiglia in futuro”.
Una cosa è certa: il tema del passaggio del testimone – a livello aziendale o patrimoniale che sia – non andrebbe ignorato, prima di tutto per il bene dei propri eredi.
E il “fai-da-te” non è la soluzione.
È importante dunque affidarsi a una figura competente, per pianificare con calma – senza che a dettare i tempi sia l’urgenza – la distribuzione futura della propria ricchezza.