Previdenza complementare, perché è bene non rimandare troppo
Entro il 2050, le persone con più di 65 anni residenti in Italia saliranno al 65,8% della popolazione (dati ANIA) contro il 33,3% del 2018. Parallelamente (rileva la simulazione della Ragioneria dello Stato), il tasso di sostituzione netto – ovvero il rapporto percentuale tra il primo assegno pensionistico e l’ultimo stipendio – dovrebbe passare dall’82,8% del 2010 al 70,3% del 2050. Significa che la vita media si allungherà, mentre la copertura offerta dalla previdenza pubblica sarà sempre più tirata. È un problema reale, perché potremmo trovarci a non avere risparmi sufficienti per andare avanti una volta conclusa la nostra vita lavorativa. E, statistiche alla mano, potrebbe trattarsi di un periodo di tempo piuttosto lungo.
Gli italiani investono poco in ottica previdenziale
A fronte di questi dati, gli investitori italiani continuano a investire poco in ottica previdenziale. Secondo gli ultimi dati COVIP, aggiornati alla fine del 2020, gli italiani che hanno attivato una forma di previdenza complementare sono circa 8,48 milioni Non è solo una questione di scarsa consapevolezza.
È anche Paura. Del futuro, della vecchiaia, di pensare a cose poco piacevoli. La parola “pensione”, infatti, genera una reazione non gradevole: il primo pensiero corre subito alla vecchiaia, alla sensazione di non sentirsi più utili, motivo per cui, istintivamente, tendiamo ad allontanare questo concetto dalla nostra mente. Risultato? Anche se ormai gran parte della popolazione sa cosa sia la previdenza complementare e sia consapevole che il sistema pubblico non potrà garantire una pensione sufficiente, questo non basta a far scattare la decisione di sottoscrivere una forma di previdenza integrativa.
Pianificare è sempre più importante
Al netto di questa repulsione istintiva, però, sarebbe importante pianificare i nostri risparmi partendo proprio dall’obiettivo previdenziale. Vista la situazione, è ormai necessario che la responsabilità della pensione passi – almeno in parte – dalle spalle dello Stato a quelle del singolo cittadino. In questo senso il tempo gioca un ruolo di grande alleato, perché permette ai risparmi accantonati di crescere sfruttando il meccanismo della capitalizzazione degli interessi.
Come funziona? Il concetto è molto semplice. Quando investiamo dei soldi, il nostro capitale frutta un interesse. L’anno successivo, i nuovi interessi matureranno sul capitale iniziale e sugli interessi del primo anno. E così via. Insomma, quando si parla di pensione, prima si inizia, meglio è!
Come attivare una forma di pensione integrativa?
Se non si ha accesso a un fondo negoziale – per cui è necessario far parte di una determinata categoria come quella dei metalmeccanici o risiedere in un determinato luogo – si può optare per un fondo pensione aperto o per un Piano Individuale Pensionistico (PIP). I fondi pensione aperti possono rivolgersi sia a singoli lavoratori che a categorie specifiche, come per esempio i dipendenti di un’azienda che scelgono collettivamente di accedervi. Si chiamano aperti proprio perché chiunque può aderirvi. In generale, i fondi aperti sono emessi e gestiti da banche, assicurazioni e società di investimento. Sono disciplinati dall’autorità di vigilanza (COVIP) e permettono agli aderenti di scegliere con flessibilità la quota da destinare al fondo.
Si tratta di strumenti che possono rivelarsi interessanti per diversi motivi. Tanto per cominciare, a differenza di quanto succede con la pensione pubblica, la legge prevede per i fondi pensione la possibilità di chiedere un rimborso anticipato o un riscatto totale, a determinate condizioni. Per esempio, si può chiedere un’anticipazione (fino al 75% del totale) per pagare spese mediche o per acquistare o ristrutturare la prima casa, e si può ottenere fino al 30% anche senza fornire una spiegazione specifica. Si può chiedere invece il riscatto in caso di invalidità permanente, disoccupazione per un periodo superiore a 48 mesi, morte (in questo caso, a richiederlo saranno gli eredi) o perdita dei requisiti di partecipazione (per esempio, cambio di contratto collettivo).
Altre forme di accantonamento per la pensione
In alternativa al fondo pensione, si può optare per un portafoglio d’investimento ad hoc con l’obiettivo di accantonare regolarmente – per esempio a cadenza mensile – una cifra destinata alla costruzione di un capitale da utilizzare quando si andrà in pensione. È una soluzione che si può realizzare mediante l’uso di diversi prodotti finanziari. Per esempio i fondi comuni d’investimento, che possono essere sottoscritti anche attraverso Piani di Accumulo del Capitale (PAC).
Va da sé che, prima d’investire, è comunque necessario informarsi correttamente, possibilmente rivolgendosi al proprio consulente finanziario di fiducia in modo da ricevere tutto il supporto e le indicazioni del caso, per esplorare ogni possibilità a disposizione sul mercato.