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Tutto sull’idrogeno, il motore della rivoluzione verde

Da tempo se ne intuisce il potenziale per un’energia più pulita. Ma fino ad oggi la sua stessa estrazione aveva un costo in termini ambientali. Con l’idrogeno “verde”, però, le cose possono cambiare. Anche per i portafogli.
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Parafrasando la filastrocca che tutti – chi più, chi meno – abbiamo canticchiato da piccoli, per fare il cambiamento climatico ci vuole il riscaldamento globale. E per fare il riscaldamento globale ci vogliono i gas serra. Cosa sono? Il nome completo, in realtà, sarebbe “gas effetto serra”, dal momento che il loro rilascio e la loro presenza nell’atmosfera generano un effetto simile appunto a quello delle serre, in termini di mantenimento della temperatura ambientale.


Tra i vari gas serra, che sono per natura presenti nell’atmosfera, c’è l’anidride carbonica. Il che di per sé è ok. Il punto è che le attività umane e l’industrializzazione hanno determinato un incremento non indifferente della loro concentrazione. E questo, a sua volta, ha determinato il rialzo delle temperature medie planetarie. Con cambiamenti climatici sempre più importanti.


Da qui l’urgenza di procedere alla decarbonizzazione delle nostre attività: vale a dire, rimpiazzare le fonti energetiche che causano la produzione e il rilascio nell’atmosfera di gas effetto serra con fonti di energia ugualmente efficienti che però non producano e non rilascino gas serra. È davvero possibile? Sì. E c’è chi già da tempo propone di sostituire la CO2 – formula chimica dell’anidride carbonica (o diossido di carbonio) – con l’H2. Proprio così: stiamo parlando di idrogeno.

Che cos’è, esattamente, l’idrogeno?

“È una questione di. L’essere umano è un puzzle di elementi chimici. Uno di questi è l’idrogeno. chimica”, scandisce un recente successo sanremese. E non sbaglia: la nostra vita, il nostro pianeta, l’intero universo è questione di chimica

Come spiega il Portale H2 Obiettivo Idrogeno, del Comitato Idrogeno di Assogastecnici, associazione che fa parte di Federchimica, l’idrogeno è l’elemento più diffuso nell’universo ed è il gas più leggero del nostro pianeta: è nell’acqua e anche negli organismi viventi.

Attenzione, però: è un “vettore energetico” e non una “fonte di energia”. Cioè? Significa che sa veicolare l’energia da una forma a un’altra, ma ha mancato l’appuntamento con la definizione di fonte energetica perché per essere prodotto e raccolto ha bisogno a sua volta di energia.

A cosa può servire l’idrogeno?

A ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, in primis petrolio e carbone, e quindi l’emissione di gas effetto serra. Con un vantaggio di non secondaria importanza. Le fonti rinnovabili, come il solare e l’eolico, sono belle ma assai poco o per nulla immagazzinabili. Un ostacolo che con l’idrogeno si può superare. Come?

  • L’elettricità prodotta da un impianto fotovoltaico o eolico che non venga subito consumata può venire utilizzata per produrre idrogeno.
  • E quando il sole non brilla alto nel cielo o il vento non soffia con forza, determinando un calo nella produzione di energia, a quel punto l’idrogeno può essere riconvertito in elettricità.

In questo modo, l’idrogeno può diventare di fatto complementare alle fonti energetiche rinnovabili. Ma questo è solo uno dei tanti possibili utilizzi. Ad oggi l’idrogeno viene utilizzato soprattutto nella produzione di ammoniaca e nella raffinazione del petrolio, come ci conferma l’Agenzia Internazionale dell’Energia.

grafico idrogeno

Ma l’elenco delle possibili applicazioni è lungo. Industria, agricoltura, costruzioni, mobilità: l’idrogeno può contribuire a fornire energia “carbon free” ai centri di produzione sostituendo i processi che attualmente prevedono l’uso di combustibili fossili.

Sostituendo i combustibili fossili con l’idrogeno, una fetta non indifferente della nostra economia potrebbe finalmente riuscire a ridurre le emissioni di gas effetto serra, in linea con gli obiettivi nazionali e internazionali. Tutto questo, però, a patto che l’idrogeno sia “verde”. Il “grigio” invece no, non ci piace.

Dal “grigio” al “verde”: i due colori dell’idrogeno

Non essendo presente allo stato naturale, l’idrogeno va estratto da una risorsa primaria, come l’acqua per esempio, attraverso una reazione chimica. A seconda del tipo di energia utilizzata in questo processo, l’impronta di carbonio generata dalla produzione di idrogeno può essere più o meno profonda. Da qui la distinzione tra idrogeno “grigio” e idrogeno “verde”.

  • La quasi totalità (più del 95%) dell’idrogeno è attualmente prodotta attraverso l’utilizzo di combustibili fossili: è quel che si chiama idrogeno “grigio”, che purtroppo non si può certo definire a basse emissioni di carbonio.
  • Esiste però un’alternativa più pulita: è l’idrogeno “verde”. In questo secondo caso, l’energia impiegata per ottenere la molecola (per esempio, estraendola dall’acqua) proviene da fonte rinnovabile (parco eolico o impianto fotovoltaico).

Va da sé che la produzione di idrogeno “verde” è da preferire. Ciao ciao, gas serra. Ma a quale prezzo?

La grande sfida è il costo di produzione

Sebbene in questo momento i costi di produzione dell’idrogeno pulito siano maggiori di quelli del suo equivalente “grigio”, un incremento della capacità della produzione globale e la creazione di un mercato su larga scala dovrebbero contribuire a raggiungere un migliore equilibrio. “Il costo della produzione di energia rinnovabile e di elettrolizzatori si è dimezzato negli ultimi cinque anni”, spiega Emmanuelle Sée, Global Thematic Equities Portfolio Manager presso CPR Asset Management. “E la ricerca suggerisce che entro la fine del decennio i costi diminuiranno di un ulteriore 60-90% rispetto al livello attuale”.

D’altra parte, l’obiettivo è ormai irrinunciabile: se vogliamo preservare le condizioni di abitabilità del nostro pianeta, dobbiamo per forza puntare alle zero emissioni nette. La Commissione Europea, dal canto suo, definisce l’idrogeno il futuro motore “che guida la rivoluzione verde”. Ed è in effetti una delle soluzioni più promettenti per decarbonizzare le nostre economie, ma a condizione, come detto, che sia più “verde” che “grigio”.

Investire nel cambiamento? Si può

Come si dice sempre in questi casi: puoi essere parte del problema oppure parte della soluzione. Vale per le grandi istituzioni governative e legislative, che devono indicare la direzione verso cui procedere; vale per le aziende, chiamate a mettere a punto i loro piani per il futuro; ma vale anche per noi che consumiamo e investiamo i nostri risparmi.

C’è l’Hydrogen Council, un’iniziativa globale lanciata nel 2017 che riunisce aziende leader nei settori dell’energia, dei trasporti e dell’industria e che si sta spendendo per mettere l’idrogeno al centro della scena. Anche grazie al suo contributo, l’idrogeno si sta imponendo all’attenzione come soluzione chiave per affrontare l’emergenza climatica, al fianco delle fonti energetiche rinnovabili.

Ma, come detto, possiamo esserci anche noi, in qualità di investitori. Le normative europee – la SFDR e la tassonomia, fra le altre – ci consentono di riconoscere, con un maggiore apporto di informazioni e dati quantitativi, quei fondi che oltre a offrire un rendimento potenziale prendono parte alla transizione, puntando sulle aziende più impegnate su questo fronte.

Chi vuole mettersi in gioco, senza dover rinunciare alla soddisfazione di veder crescere nel tempo il capitale investito, può parlarne con il proprio consulente finanziario.