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Attualità

Il fisco si adegua all’agricoltura che cambia

Lo schema di decreto legislativo sul fisco introduce un profondo cambiamento del sistema tributario e mira a semplificare l’attuale sistema, a ridurre il carico fiscale su cittadini e imprese, a stimolare gli investimenti e nuove assunzioni e a promuovere un rapporto più collaborativo, orientato al dialogo tra contribuenti e Amministrazione finanziaria. Riguardo al settore primario, sebbene l’intervento legislativo (ancora in corso) confermi l’appartenenza del reddito dell’imprenditore agricolo tra quelli fondiari - lasciando sostanzialmente immutato il quadro precedente - le modifiche contenute nel testo del decreto hanno una tale rilevanza che si può parlare di una vera e propria riforma, poiché cambiano il paradigma dell’art. 32 del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi).

All’indomani della revisione dell’articolo 2135 del Codice civile, compiuta dalla legge di orientamento del 2001, il legislatore, con la legge n. 350/2003, ha parzialmente riallineato la normativa fiscale a quella civilistica di attività agricola, lasciando tuttavia la “potenzialità del terreno” (cioè del fondo) come caposaldo. La riforma del 2003 ha lasciato quindi nell’indeterminatezza i moderni sistemi di produzione dei vegetali che potenzialmente possono utilizzare il fondo e le acque ma che, di fatto, si sviluppano in luoghi protetti, fuori dal fondo o sopra il fondo.

 

Il nuovo testo normativo proposto dal Governo supera l’ormai angusto e incerto perimetro dei “limiti della potenzialità del fondo” (e la necessità che le attività agricole siano su di esso esercitate) sostituendolo con la più ampia nozione di “attività agricole”. Cosicché il reddito agrario diviene il “reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile”.

In altri termini, la modifica legislativa all’art. 32, primo comma, apre la strada all’ingresso nella definizione di reddito agrario di sofisticati sistemi di produzione vegetale che non hanno necessità di terreni e che possono avvenire in qualunque luogo, generalmente in strutture protette quali, oltre alle serre, in fabbricati a destinazione agricola, industriale, commerciale e artigianale, oppure dismessi e riconvertiti a tale scopo, come le coltivazioni idroponiche. Ciò che importa è che avvenga “la cura e lo sviluppo del ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso”, come imposto dal secondo comma dell’art. 2135 del codice civile.

Nonostante sia rimasto il riferimento ai “terreni”, per tali non si intenderanno più solo ed esclusivamente i “campi”, cioè un delimitato spazio fisico di terreno (o di bosco) collocato in un ambiente naturale dove è consentito (o non è vietato) svolgere un’attività agricola imprenditoriale, bensì anche gli spazi fisici artificiali sui quali insiste la produzione vegetale (terreni “virtuali”). Assumeranno, infatti, tale qualificazione anche le particelle “urbane” su cui insistono i fabbricati entro i quali avviene la produzione di vegetali e, a regime, gli spazi interni ai fabbricati medesimi, ovunque collocati.

 

Pur non essendo una novità assoluta, poiché la precedente normativa ammetteva già la produzione di vegetali fuori suolo, purché sul fondo, si può affermare che la

 novità legislativa da un lato è confermativa e dall’altro introduce aspetti di novità che ampliano drasticamente la definizione di reddito da attività agricole catastalmente determinabili, dando ora un quadro di certezza sia per le attività già riconosciute in tale ambito che per quelle che prima non vi erano contemplate.

Vengono ora disgiunte le produzioni vegetali in strutture fisse e mobili da quelle ricavate con l’utilizzo di fabbricati, e, tramite nuove classi e qualità di colture, si determinerà il reddito dominicale e agrario delle superfici destinate alla produzione di vegetali fuori terra, tenendo conto dei più evoluti sistemi di coltivazione (produzione), vale a dire di quei sistemi in grado di ridurre, tra l’altro, il consumo di acqua, rendere più salubri i prodotti vegetali e sottrarli agli effetti distruttivi dei cambiamenti climatici (quali le cosiddette vertical farm, le colture idroponiche, ecc.). In attesa del decreto ministeriale attuativo, i redditi dominicale e agrario sono determinati, per le produzioni in immobili censiti al catasto fabbricati, applicando alla superficie della particella sui cui insiste l’immobile la tariffa d’estimo più alta in provincia, incrementata del 400%.

La seconda novità di assoluto rilievo della bozza consiste nell’ingresso tra le attività che generano reddito agrario quelle dirette alla produzione di beni, anche immateriali, realizzate mediante la coltivazione, l’allevamento e la silvicoltura che concorrono alla tutela dell’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici. Si tratta, in prima battuta, della cessione dei crediti di carbonio, cioè quei titoli negoziabili generati dall’impresa agricola nelle sue attività tramite riduzioni di emissioni di anidride carbonica o altri gas serra, oppure alla sua cattura con iniziative produttive idonee a tale scopo.

La previsione legislativa appare del tutto coerente con il nuovo paradigma, riconoscendo che la generazione di tali beni, ancorché immateriali, è a pieno titolo un’attività connessa di “fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola”, a norma del 3° comma dell’art. 2135 del codice civile.

Infine, c’è l’estensione alle società agricole diverse dalle semplici, che abbiano optato per la determinazione del reddito con i criteri catastali, di tutti i regimi forfettari previsti dall’art. 56-bis del Tuir. Anche queste società potranno quindi avvalersi del forfait per la produzione di vegetali eccedenti i limiti del reddito agrario, l’attività di manipolazione e trasformazione di prodotti agricoli non compresi nell’apposito decreto ministeriale e la fornitura di servizi di cui al terzo comma dell’art. 2135 del Codice civile, la commercializzazione di piante vive e della floricoltura da parte dei florovivaisti nel limite del 10% del volume d’affari, ecc.

 

 

 

 

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