Cereali, cosa aspettarsi per produzione e mercati nel 2024
Nel 2023 a livello mondiale il raccolto di grano duro è stato di poco inferiore a 32 milioni di tonnellate, a fronte di un consumo di circa 34 mln/t.
Nel 2023 a livello mondiale il raccolto di grano duro è stato di poco inferiore a 32 milioni di tonnellate, a fronte di un consumo di circa 34 mln/t. A compensare questo deficit, dovuto ai raccolti scarsi in Spagna, Grecia, Italia e in gran parte di Stati Uniti e Canada, è stata l’immissione sul mercato di importanti volumi di da parte di Russia, Kazakistan e Turchia. Una mossa che tra fine agosto e inizio settembre ha fatto crollare le quotazioni, creando non pochi malumori tra gli agricoltori, soprattutto nel Sud Italia. Per giugno 2024 le stime parlano di scorte basse ma gli analisti dicono che il flusso dal Mar Nero e dal Nordamerica proseguirà.
In Europa le superfici seminate a grano duro sono in lieve calo (-4%) sul 2023, ma la previsione di rese/ha almeno nella media, dovrebbe garantire un’adeguata copertura della domanda, anche se andrà verificato più avanti quanto le gelate nell’Europa centrale e la siccità in Spagna incideranno sulla produzione 2024, oggi stimabile sui 7,5 milioni di tonnellate.
Per quanto riguarda il grano tenero i prezzi sono stabili mentre le superfici seminate in Italia sono previste in leggero aumento rispetto allo scorso anno. A livello europeo c’è incertezza per le rese, dovuta agli stessi fattori climatici che influenzano il duro.
L’offerta di mais continua a prevalere sulla domanda e i prezzi in queste settimane proseguono la discesa. Nel nostro Paese le superfici sono in costante calo e, secondo il Crea, nel 2023 per la prima volta negli ultimi 160 anni la superficie coltivata è stata inferiore ai 500mila ettari. La produzione raccolta, sia pure risalita da 4,7 a 5,3 milioni di tonnellate, rimane quindi largamente insufficiente e inferiore al 45% del fabbisogno nazionale, mentre il costo complessivo del prodotto importato nel 2023/24, sia pure in calo, dovrebbe aggirarsi intorno a 1,7 miliardi di euro. Già mesi fa c'erano avvisaglie più che evidenti della sofferenza del comparto. Difficile il quadro di riferimento economico per il 2024: le prospettive sono improntate verso un ulteriore calo delle superfici, pari al 6% secondo l’indagine preliminare Istat sulle intenzioni di semina, e con punte superiori al 12% nel Nord Est del Paese. Un’iniezione di fiducia per i maiscoltori potrebbe essere la recente decisione del Masaf di eliminare l’obbligo di raccogliere la coltura secondaria (basta sovesciarla), per rispettare la Bcaa 7 della Pac. Questo consentirebbe di coltivare mais per più anni consecutivi sulla stessa parcella, senza obbligo di cambiare genere botanico.
Per l’orzo lo scenario parla di prezzi bassi dovuti all’abbondante produzione 2023 e di incertezza della domanda. Va un po’ meglio per gli orzi da malto, perché la disponibilità è più limitata. Sarà determinante capire se ci sarà un incremento di superfici nelle prossime semine primaverili europee: se fosse notevole anche le quotazioni dell’orzo distico scenderanno.
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