Climate Change
Verso un futuro con meno mais e più grano
Uno studio internazionale ha misurato gli effetti dei cambiamenti climatici sulla futura resa potenziale delle colture. L'emergenza degli impatti climatici nelle nuove proiezioni si verifica sempre prima, addirittura entro il 2040 per diverse principali regioni produttrici.
In particolare l'innalzamento delle temperature, la variazione della quantità delle precipitazioni e la maggior concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera saranno i fattori maggiormente impattanti. A dirlo è uno studio pubblicato su Nature Food, basato su alcuni dei più accreditati modelli internazionali.
Le produzioni agricole dei prossimi decenni vedranno un calo di quasi un quarto del mais e un incremento fino al 18% del grano.
Non se la passeranno bene neanche soia e riso. In estrema sintesi, gli scienziati sostengono che l'innalzamento delle temperature creerà problemi alle coltivazioni di mais, concentrate nelle aree sub tropicali del pianeta, America centrale, Africa occidentale, Asia centrale, Brasile e Cina (aree con aumenti delle temperature più marcati). Al contrario, il grano, che cresce nelle aree temperate, guadagnerà superfici potenzialmente adatte alla coltivazione in Canada, Nord Europa, Stati Uniti, nell'Asia centrale, nell'Africa orientale, nel nord della Cina e nel sud dell'Australia.
Lo studio avverte come la produttività media del mais a fine secolo potrebbe passare da +5% -24% (a seconda dei modelli utilizzati). Al contrario, il grano mostra guadagni di rese che vanno da un minimo del 9% a un massimo del 18%.
Nella giornata dedicata alla natura e all'uso del suolo della COP26 di Glasgow, 45 governi guidati dal Regno Unito, si sono impegnati a investire quattro miliardi di dollari in azioni per proteggere la natura e passare a sistemi agricoli più sostenibili (sviluppo di sementi resistenti al cambiamento climatico e soluzioni per migliorare la salute del suolo).
Circa un quarto delle emissioni mondiali di gas serra viene dall'agricoltura, dalle foreste e da altri usi del terreno, e questo comporta la necessità di una riforma del modo in cui si coltiva e si consuma il cibo, per fronteggiare il cambiamento climatico.