

Il valore della terra torna a crescere dopo vent’anni
Dopo vent’anni di erosione del valore fondiario a causa di rivalutazioni dei terreni agricoli inferiori al tasso d'inflazione, nel 2024, seppur di poco, la tendenza si è invertita.
Rispetto all'anno precedente, infatti, l’aumento del prezzo medio dei terreni agricoli è stato di circa l’1%, per un valore attestatosi intorno ai 22.400 euro a ettaro, mentre l'inflazione è stata dello 0,8%. Sostanzialmente stabile la compravendita di terreni agricoli nel 2024, con una lieve prevalenza della domanda sull’offerta. Nonostante l’incertezza della situazione internazionale, che ha avuto ripercussioni sui prezzi dei prodotti e dei mezzi tecnici agricoli, il mercato fondiario italiano mostra una leggera ripresa.
Cresce l’interesse per i terreni facilmente accessibili e vocati a produzioni di qualità, così come quello per i terreni irrigabili. Ancora deboli sono gli effetti per gli interventi della nuova Pac 2023-2027, mentre risulta evidente l’influenza sui prezzi di alcuni fenomeni connessi al cambiamento climatico e alla diffusione degli impianti per la produzione di energia rinnovabile. Questo è il quadro che emerge dalla settantacinquesima edizione dell'Indagine sul mercato fondiario, curata dai ricercatori del Crea Politiche e Bioeconomia.
Nel 2024 il prezzo medio dei terreni agricoli per ettaro continua a presentare significative differenze, con il picco di 47.100 euro nel Nord-Est, seguito dal Nord Ovest con circa 35.200 euro (+2,3%), e valori decisamente inferiori al Centro e al Sud, mediamente al di sotto dei 16.000 euro, fino ad arrivare ai novemila delle Isole. Ma i valori sono comunque cresciuti mediamente dell'1,9% nel Meridione, secondo miglior risultato dopo il Nord Ovest.
La differenza è data, non solo dalla maggiore incidenza al Nord dei terreni in aree pianeggianti e irrigue, ma anche dal più elevato tasso di urbanizzazione e dal relativo consumo di suolo agricolo, che riduce l’offerta dei terreni, in molti casi non sufficiente a soddisfare la domanda. Al contrario nelle aree interne e montane prevale l’offerta di terreni da parte di agricoltori anziani e di aziende in difficoltà economiche, che spesso non trova riscontro sul mercato.
Si conferma stabile anche la situazione del mercato degli affitti, con differenze significative tra le varie aree del Paese legate a molteplici fattori climatici ed economici. La domanda, sostenuta in prevalenza da giovani imprenditori e da aziende strutturate, ha visto la crescente presenza di operatori del settore delle energie rinnovabili (biogas e agrivoltaico). La fuoriuscita dal settore di agricoltori anziani ha reso disponibili, inoltre, superfici prima condotte direttamente, contribuendo così ad alimentare il mercato degli affitti.
Nelle aree più produttive hanno prevalso i contratti in deroga, mentre nelle zone marginali continuano a diffondersi forme contrattuali brevi o informali. Anche gli affitti registrano un crescente interesse per le superfici irrigabili, considerate strategiche in un contesto di crescente vulnerabilità agli eventi climatici estremi.


