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Latte e formaggi con il vento in poppa

Con una mandria composta da 2,6 milioni di vacche distribuite in 23mila allevamenti a cui si aggiungono 5,6 milioni di pecore e capre, la zootecnia da latte italiana produce ogni anno circa 13 milioni di tonnellate di materia prima...

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Con una mandria composta da 2,6 milioni di vacche distribuite in 23mila allevamenti a cui si aggiungono 5,6 milioni di pecore e capre, la zootecnia da latte italiana produce ogni anno circa 13 milioni di tonnellate di materia prima destinata in gran parte a essere trasformata in formaggi e yogurt. Nel 2024, secondo l’Istat, il valore della produzione generato dalla zootecnia italiana è stato di 22,7 miliardi di euro, in crescita dell’1,4% sul 2023 e dello 0,8% a volume. Una fetta molto grande del latte vaccino che esce dalle stalle del nostro Paese (circa la metà si produce in Lombardia) serve per produrre i due principali formaggi a pasta dura come Grana Padano e Parmigiano Reggiano, e le altre eccellenze a denominazione come Asiago, Taleggio, Montasio, Gorgonzola, Provolone. A questi si aggiungono Mozzarella di Bufala Campana e Pecorino Romano, le due Dop prodotte con latte di bufala e di pecora.

 

E proprio il latte destinato alle filiere Dop e Igp ha raggiunto negli ultimi mesi quotazioni mai viste prima. Ad esempio, gli allevatori che producono per il Parmigiano Reggiano spuntano prezzi superiori a 90 euro al quintale, che possono superare i 100 €/q nel caso gli acquirenti siano caseifici cooperativi, con un aumento che per il primo trimestre del 2025 Ismea ha quantificato del 16%. Cifre che permettono agli imprenditori agricoli di avere una buona, per non dire ottima, redditività, perché i costi di produzione, pur in aumento, non seguono lo stesso ritmo.

 

Che l’Italia sia una potenza nel settore lattiero-caseario non è una novità, grazie ai suoi 55 formaggi certificati Dop o Igp. Secondo i recenti dati pubblicati dalla Commissione Europea sull’export di latticini e formaggi nei Paesi extra-UE, dopo il primato che già detiene a valore, l'Italia è diventata il primo Paese dell’Unione anche nei volumi, con vendite in aumento del 5% nel primo semestre 2025, davanti alla Germania. Con 97.663 tonnellate e 968,2 milioni di euro tra gennaio e giugno 2025, l'Italia realizza una crescita più che tripla rispetto alla media europea. Un risultato dovuto all'andamento decisamente vivace delle vendite nel Regno Unito (+5,7%), in Norvegia (+9,3%), Canada (+18,9%), Corea del Sud (+40,8%), Arabia Saudita (+28,4%), Australia (+4,3%). Fanno eccezione gli Stati Uniti, dove le vendite rallentano per l'incertezza legata ai dazi, oltre a Cina e Giappone.

 

Una fase positiva, quindi, che dovrebbe essere sfruttata dalle aziende zootecniche per pianificare le proprie strategie di crescita e gli investimenti in tecnologie che possano alzare la competitività, come impianti di mungitura automatizzati e carri miscelatori, la sensoristica per monitorare lo stato di salute delle mandrie e gli strumenti per garantire il benessere animale, a partire da nuove stalle più moderne. Da valutare anche gli investimenti per la produzione di energie rinnovabili come fotovoltaico e biometano.

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