

Quanto incide la Pac sul reddito delle aziende agricole
In queste settimane sta facendo molto discutere il budget che la Commissione europea ha proposto di destinare alla prossima Pac 2028-2034 – uguale a quello dell’attuale, ma senza tener conto dell’inflazione – a cui si aggiunge come elemento di tensione l’incognita del Fondo Unico.
Ma quanto incide la Pac sul reddito delle aziende agricole italiane?
Un’analisi realizzata da Angelo Frascarelli in base ai dati della Rica (Rete di informazione contabile agraria) relativi al triennio 2019-2021 e pubblicata su Terra e Vita, mostra che l’Italia è meno dipendente dagli aiuti comunitari rispetto ad altre nazioni agricole come Spagna e Francia. Per le imprese italiane i contributi del primo e secondo pilastro valgono il 28,8% del reddito complessivo (21,3% per i pagamenti diretti e 7,5% per i fondi Psr/Csr), a fronte di una media europea del 38%. Per gli agricoltori francesi la Pac vale il 40% del reddito, per quelli spagnoli il 30%. Se guardiamo ai 27 Paesi Ue nel complesso scopriamo che in Slovacchia la Pac rappresenta il 92% del reddito degli agricoltori, seguita dalla Lettonia (67%), Lituania (64%), Repubblica Ceca (60%). È evidente che l’incidenza della Pac è più alta nei Paesi dell’Est Europa, ma arriva al 56% anche in Lussemburgo, Irlanda e Svezia.
Questa ampia variazione della quota di sostegno pubblico al reddito agricolo dipende dalla struttura delle aziende agricole e dei terreni ammissibili, dalle differenze nella competitività dell’agricoltura e dagli ordinamenti colturali. Ad esempio, i Paesi dell’Est sono caratterizzati prevalentemente da colture a seminativo a basso valore aggiunto, perciò la Pac incide maggiormente nella formazione del reddito. All’opposto, Paesi come Olanda, Italia, Cipro e Malta sono contraddistinti da un’agricoltura con un valore aggiunto più elevato, in cui la Pac ha un peso misure minore sul reddito.
Analizzando nel dettaglio la situazione italiana si scopre che la provincia autonoma di Trento è la meno dipendente dai sostegni comunitari che contribuiscono a formare il reddito delle aziende solo per il 12,1%. Seguono l’Alto Adige (16,4%), il Veneto (18,6%) e l’Emilia-Romagna (19,9%). Al contrario, la Pac contribuisce in misura maggiore a comporre il reddito in Umbria e Calabria dove supera il 50%, Valle d’Aosta con il 48,8%, Marche (48,3%) e Sicilia (44,8%).
Per quanto riguarda i settori, l’olivicoltura è quella meno capace di camminare con le proprie gambe: la Pac vale il 61,6% del reddito. Seguono i seminativi (46,5%) e la zootecnia dei ruminanti (33,5%). I comparti più autonomi sono ortofloricoltura – per il quale la Pac incide solo per il 3,3% sul reddito e la viticoltura 10,9%.
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